Il Sole 24 Ore, 8 settembre 2019
Nuove vie del cospirazionismo
L’idea della cospirazione è parte della politica partigiana. Ma non tutte le politiche cospiratorie sono uguali. Questo libro, originale e molto opportuno, decodifica e analizza la differenza tra “cospirazionismo classico” e “nuovo cospirazionismo”.
Attento alla politica statunitense nell’era di Donald Trump, l’analisi che ci propone è molto calzante anche per altre esperienze di populismo al governo che si susseguono sempre piú numerose e di cui il “nuovo cospirazionismo” è la spina dorsale. La differenza tra “classico” e “nuovo” è illuminante per contestualizzare lo stato presente di molte democrazie. Il cospirazionismo classico aveva come scopo conclamato e creduto quello di proteggere l’ordine istituzionale da nemici esterni e dai loro infiltrati interni; quello nuovo ha come scopo la demolizione della natura evidenziaria delle accuse di colpevolezza e come effetto (non si sa quanto intenzionale) la delegittimare del sistema istituzionale democratico. L’uno era fondato su una teoria; l’altro azzera ogni teoria.
La teoria del cospirazionismo classico parlava di un mondo diviso, come del resto era dopo Yalta (1945): da una parte il mondo delle tenebre del despotismo socialista, dall’altra quello della luce della libertà occidentale. Per preservare se stesso il mondo libero doveva anticipare le mosse del nemico e, soprattutto, circondarsi di amici fedeli. L’ideologia della Guerra fredda a caccia di amici e di nemici aveva la cospirazione al suo centro – era un’ideologia fondata sulla proporzionalità (anticipare il nemico implicava averne contezza e operare conseguentemente) e soprattutto sul sostegno di una larga opinione, anzi popolazione, dentro e fuori gli Stati Uniti. La verità c’era – quella del mondo libero come quella del mondo delle tenebre – era documentabile, e il lavoro del difensore dell’ordine costituito era quello di farsi detective e andare alla ricerca di prove.
La macchinazione della segretezza istituita dal Maccarthismo serviva proprio a questo. Come i difensori della dottrina cattolica contro eretici e protestanti nell’età della Controriforma o del comunismo stalinista contro i rinnegati traditori, anche quelli del mondo libero istituirono un sistema da caccia alle streghe con tanto di processi, convocazione di testimoni delle due parti – mettendo in scena l’apparente fedeltà a una procedura imparziale che conferisse legittimità alla macchina disvelatrice del male nascosto. Il cospirazionismo classico era un obbrobrio ideologico sostenuto da una legittima aspirazione: proteggere il proprio mondo. Era un’ideologia dello status quo.
Il nuovo cospirazionismo, ci spiegano Muirhead e Rosenblum, è molto diverso, destabilizzante nei fondamenti e negli strumenti, soprattutto negli scopi dichiarati o impliciti. Non fa puntigliosa richiesta di prove ed evidenze, non ammassa archivi di profili dei potenziali nemici, non vuole svelare nulla di quel che già sa: il “si dice” è già sapere e non ha bisogno di prove. Il nuovo cospirazionismo ha le parole di Trump: «Molta gente dice». Non si perita di fornire spiegazioni cospiratorie, non costruisce castelli teorici sull’impero del male. Vive di “insinuazioni” e semina dubbi. «Forse non è vero che Hillary Clinton sia coinvolta in questo scandalo....ma se lo dice la gente, qualche cosa deve esserci...». «Forse Obama è nato negli Stati Uniti...ma se c’è tanta diffidenza...significa che qualche cosa di poco chiaro c’è». Non è l’evidenza quindi, ma la ripetizione, la reiterazione di un dubbio che trasforma il dubbio in verità. Passando di socials in socials, la diceria si fa fatto. E senza all’apparenza generare odio.
Trump ha sempre dichiarato di ammirare Hillary Clinton (avendo anzi finanziato la sua campagna elettorale per il seggio senatoriale), ma ciò non toglie che... Mandare bacioni e usare un linguaggio all’apparenza blando è un viatico astuto per mostrare al pubblico che si è al centro di un attacco che deve essere fronteggiato. Gettare discredito sulle persone, seminare sospetti e dicerie, servirsi di uno stuolo di fabbricatori di dubbi: ecco il nuovo cospirazionismo. Quale è lo scopo?
La risposta a questa domanda costituisce la teoria centrale di questo libro: l’effetto di questo nuovo cospirazionismo è di sospendere ogni forma di spiegazione, di rendere la spiegazione inutile, un’inutile perdita di tempo. Tutto si sà già. La gente mormora: questa è la spiegazione che basta a se stessa. L’esito è la delegittimazione dell’intero sistema istituzionale – il quale vuole prove reperite con procedure, atti formali e non dicerie. Vuole quell’apparato indagatorio e repressivo messo in atto dal cospirazionismo classico. Questo nuovo cospirazionismo erode dall’interno la dimensione istituzionale quando la sostituisce con l’audience, il pubblico, il “si dice”. Il suo nemico non sta in un luogo specifico – l’impero del male – ma nelle stesse regole del gioco e nella “rule of law”, nello stato di diritto: in quel mondo di procedure, di poteri impersonali, di norme, che deve dare spiegazioni pubbliche motivate e circostanziate, che deve persuadere non dire semplicemente. È questo sistema che il nuovo cospirazionsimo nega operando come opera – perché il dubbio e la diceria sono un potente dissolvente che rimpiazza il fatto quando dichiara di essere il fatto e porta come prova il numero dei “clic”, il successo di audience: la prova della diceria è la sua reiterazione.
Tra gli effetti collaterali di questa ideologia povera di teoria e ricca di audience vi è la demolizione dei partiti politici: infatti se vincitori e vinti sono una questioni di “clic” e la diceria è il tema, allora la rivalità è solo apparente. Il vero bersaglio del nuovo cospirazionismo è la rivalità regolata, la norma democratica per cui “si è d’accordo nel non essere d’accordo”. Ma con la diceria non ci si cura di essere in accordo o in disaccordo: si dichiara che chi è nell’occhio del ciclone del “si dice” è dalla parte del torto – e non si può venire a compromessi con chi è nel torto. Il nuovo cospirazionismo non fa prigionieri, e per questo è fuori della dialettica maggioranza/opposizione; fuori della politica dei partiti, che è pluralista di fatto e di principio.
Anche se e quando verrà spedito all’opposizione, c’è da giurarci che un populista non riconoscerà i nuovi vincitori come legittimi: resteranno comunque quelli di cui “la gente mormora”.