La Stampa, 8 settembre 2019
Ritratto di Massimo Sebastiani
È un coro. Amici, conoscenti, compaesani unanimi: «Massimo? Una bravissima persona», «Uno normale, come te o me», «Non ci credo, sarà stato un incidente». Il titolare della torneria Mortari, dove lavorava, prima dice che con i giornalisti non parla, poi chiede: «Cosa le hanno detto, in paese?». Che era una brava persona. «Ecco, è l’unica cosa che le dico anch’io».
Benvenuti a Carpaneto Piacentino, 7.740 abitanti a una ventina di chilometri dal capoluogo, "città della coppa dop" di cui si è appena celebrata la sagra, grande tranquillità, fabbrichette, salumifici, qualche immigrato specie marocchino e tre bar, segno dei tempi, gestiti da cinesi. Massimo Sebastiani, 45 anni, catturato ieri dopo tredici giorni di caccia all’uomo, accusato dell’omicidio di Elisa Pomarelli, viveva qui, anzi per la precisione nella frazione di Campogrande, da solo in una cascina isolata. Dietro i sigilli, tutto è rimasto com’era quella maledetta domenica 25 agosto. Il cortile è disordinato, una ciabatta di plastica abbandonata, qualche lavoretto di bricolage iniziato e una vetusta Citroen verde spiaggiata lì da chissà quanto tempo. Chi è entrato, come l’immancabile criminologa Roberta Bruzzone, racconta di ambienti in disordine, sporchissimi. Ci sarebbero però, dicono, dettagli di precisione maniacale, inquietante, tipo in ogni stanza, in mezzo al caos, pile di monetine ordinate una sopra l’altra, dalla più larga alla più stretta.
«Ma in realtà lì ci stava pochissimo», raccontano in paese, già un po’ stufi per il gran via vai di giornalisti e con l’antica diffidenza contadina per il forestiero che viene a fare domande. Alla cronaca non sono abituati, men che meno a quella nera. L’ultimo delitto è così remoto che nessuno ricorda con precisione quando fu commesso, le ipotesi variano da venti a trent’anni fa. Anche allora fu un delitto passionale, un ragazzo che ammazzò la morosa e poi si uccise a sua volta.
Già, ma Sebastiani? Tutte le mattine, prima del lavoro, caffè e bianchino al bar osteria "Croce bianca", "bottega storica", come da cartello, mentre un altro avverte: "State entrando in una gabbia di matti". Il locale è chiuso per vacanze, ma seduti ai tavolini ci sono comunque la fioraia del "Pistillo", il titolare del negozio di caccia e pesca, insomma gli habitué. E qui riparte il coro della normalità e del bravo ragazzo: gran lavoratore, finito con il tornio andava ad aiutare gli anziani genitori che hanno un’azienda agricola a Castell’Arquato, «sempre pronto a dare una mano», una passione per la campagna, la natura, la vita all’aria aperta, che era poi quel che lo accomunava a Elisa, di cui era palesemente innamorato e che, a differenza dell’interessata, considerava «la sua ragazza». Alcol nei limiti, droga «non sapeva neanche cosa fosse». Però, scavando, salta fuori che Sebastiani era sì gentile e compagnone ma anche, come dire?, non troppo sveglio. «Un tarlùcc», lo definiscono. In dialetto significa un ragazzo semplice, quelli predestinati a subire gli scherzi e che alla fine li accettano senza arrabbiarsi. La storia delle scommesse è significativa: per scommessa, appunto, Sebastiani aveva fatto 15 chilometri in retromarcia in macchina, si era gettato in un laghetto ghiacciato, aveva staccato a morsi la testa a un piccione, addirittura. E qui le opinioni divergono fra chi lo considera un piccolo Rambo di paese, «sempre in maniche corte anche in gennaio», o un adolescente fuori tempo massimo. Cotte comprese.
Il pub "Posada" è più giovane e scapigliato, anche se poi ci si gioca a briscola. Ovviamente tutti Massimo lo conoscono e nessuno crede che sia un assassino. Come Luigi Farina, titolare del "Lupo" di Ciriano, dove Sebastiani ed Elisa andarono a mangiare la domenica fatale: «Clienti abituali, venivano spesso, mai nessun problema. Più che lavorare Massimo non faceva. Insomma, una bravissima persona», e dai. «Ci siamo rimasti tutti male - spiega un avventore da dietro la birretta ristoratrice («Il nome? No, non serve») - e credo ancora che, se la ragazza è davvero morta, sia stato un incidente». Ma dopo un incidente uno non sparisce per dodici giorni... «Avrà perso la testa, capita. Uno per la f... può anche sbiellare». Saggezza da bar, appunto.
Insomma, che Sebastiano sia l’assassino della porta accanto non vuol crederlo nessuno. Anche perché il movente resta nebuloso, lui certo l’amava, lei sicuramente no, però, raccontano a Carpaneto, in agosto erano andati insieme in vacanza a Lerici, anche se non da soli. Ma intanto arrivano le notizie dell’inchiesta, il sopralluogo nei boschi, il cadavere di Elisa ritrovato. Chiosa del barista cinese del "Caffé Italia": «Peccato. Speravamo tutti che l’avesse soltanto nascosta».