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 2019  settembre 08 Domenica calendario

L’educazione dei razzisti e le colpe delle panchine

Diciamolo una volta per tutte: gli ultrà dell’Inter sono ragazzi sensibili, educati e modesti. Non i razzisti, neonazisti, fascisti e compagnia cantando che da anni raccontano i pennivendoli, quegli infami. Gli ultrà sono sensibili al turbamento di un loro giocatore, Lukaku, da poco arrivato nel nostro campionato.
Turbato dai buu di tifosi del Cagliari. Sono educati perché si sentono in dovere di scrivere un comunicato in cui si spiega a Lukaku, e al resto del mondo, perché il verso della scimmia non dev’essere considerato razzista ma un innocente modo per demoralizzare l’avversario.
Niente di grave e di personale, un modo bonario, o no? Un po’ come quando, alle elementari, i compagni di classe salutavano il bambino cicciottello con una filastrocca che cominciava così: Ciccio Bomba cannoniere fa la cacca nel bicchiere. Questo lo dico io, che ero un bambino cicciottello, non certo gli ultrà dell’Inter, che sono educati e certe parolacce non le dicono.
Bastano le parole. Il loro comunicato è un perfetto autogol, una non richiesta patente di non razzismo che illustra cos’è davvero il razzismo, oggi e qui. Non solo qui, in Inghilterra sono recenti i casi di Pogba e Abraham.
Perché nessun ultrà fa il verso della scimmia per demoralizzare Higuain o Dzeko? Perché non hanno la pelle nera. Tant’è che tra quelli presi di mira c’è stato Zoro del Messina, un operaio del pallone, un difensore per giunta, non certo un avversario pericoloso, da demoralizzare. È passato un bel po’ di tempo da quel novembre 2005 e il problema è sempre d’attualità, anzi s’è aggravato. Ed è difficile eliminarlo, almeno finché tutti non faranno la loro parte. Gli unici a farla, allo stadio o a un funerale, sono gli ultrà. Si potrebbe cominciare non inviando negli stadi ispettori del tutto sordi o molto duri d’orecchio. Si potrebbe continuare chiedendo al quarto uomo di fare attenzione anche ai cori, non solo agli sconfinamenti degli allenatori oltre la zona consentita. Ci si potrebbe chiedere su cosa o chi siano puntate le telecamere delle forze dell’ordine. Non si può chiedere di più agli steward, per quel poco che li pagano e quel tanto che già rischiano. In Inghilterra è diverso, sono gli spettatori a segnalare chi ha comportamenti offensivi. Si può chiedere di più ai club. La Juve ha dimostrato che, volendo, si identifica anche un solo spettatore. Non è solo questione d’immagine, ma di civiltà.
S i può e deve chiedere di più, molto di più, ai calciatori.
Molto solidali sui social network con chi è bersaglio di cori razzisti, molto poco sul campo. È lì che tutti, neri e bianchi, compagni e avversari, dovrebbero far capire ai coristi che stanno offendendo tutti e che in quelle condizioni non si gioca. Ho visto appelli di capitani e giocatori rappresentativi sotto la loro curva per far cessare il lancio di petardi e fumogeni ma non ne ricordo per far cessare cori razzisti. Non è tardi per rendere più pesanti le sanzioni, e parlo di squalifiche del settore o del campo. Le multe non servono, agli ultrà fanno il solletico, mica le pagano loro. Quelli dell’Inter, dicevo, anche modesti. La calcionovela di Icardi, durata più di sette mesi, l’hanno risolta loro. Non Wanda Nara, non Marotta, non Conte. Loro. È bastato esporre uno striscione sotto la casa del giocatore. C’era scritto: "Icardi ora basta. Milano è piccola". Ogni "o" aveva disegnato, nel centro, un mirino. Tanto è bastato per rendere meno affascinante una permanenza a Milano e più attraente Parigi. I sette milioni d’ingaggio più bonus sono un dettaglio.
U n dettaglio è che a Ferrara molti abbiano detto: "Speriamo che Semplici alla Spal salvi la sua". Si parla di panchine. Il vicesindaco leghista Nicola Lodi, nel quadro della lotta allo spaccio, ha già fatto smantellare sei panchine, altre 144 sono condannate a sparire da parchi e giardini pubblici. Hanno protestato in 700, in maggioranza donne con bambini. Speravo fossero 7.000, la mia campagna contro i panchinoclasti è già maggiorenne. Era il ’97, a Treviso, quando il sindaco Gentilini (Lega, occorre dirlo?) diede inizio alla strage delle innocenti. Era anche pronto ad abbattere gli alberi ai quali gli ambulanti appendevano le borse con la mercanzia. Sarà il caso di ricordare alle giunte di tutti i colori che le panchine non appartengono in esclusiva agli spacciatori, ma a tutti i cittadini: ai pensionati che leggono il giornale, alle mamme col carrozzino, alle casalinghe con le borse del supermercato, e levargliele non è solo assurdo, è stupido. Tanto più che si può spacciare anche in piedi. "Se spacciano in piedi farò intervenire la polizia" ha ribattuto l’astuto vicesindaco.
Da seduti perché no? Resto dell’idea che spesso il problema non sia chi siede sulle panchine, ma chi siede sulle poltrone.
R ifugiamoci in una poesia, la seconda metà di "Lucania", di Mario Trufelli, nato a Tricarico come Rocco Scotellaro: "Da noi la malvarosa è un fiore/che trema col basilico/sulle finestre tarlate/ in un vaso stinto di terracotta/ e il rosmarino cresce nei prati/ accanto ai buchi delle talpe./Da noi si riposa il falco e la civetta/segna la nostra morte/ Da noi il mondo è lontano/ma c’è un odore di terra e di gaggia/ e il pane ha il sapore del grano".