la Repubblica, 8 settembre 2019
Il business del mattoncino Lego
La magia dei mattoncini di plastica colorati che ha appassionato generazioni di bambini, riprende il volo. Flirta con una nuova app e con le serie tv come Stranger Things o Friends per tenere il passo. Fatturato in crescita per Lego. E investimenti in tre direzioni principali: apertura di nuovi negozi monomarca, espansione in Oriente, Cina e India soprattutto, incremento della piattaforma di e-commerce. Mentre i concorrenti di altre catene di giocattoli arrancano e avvertono il peso della salita nella rivalità con schermi e consolle, l’industria danese fondata dal falegname Ole Kirk Kristiansen che nel lontano 1949 cominciava a produrre i mattoncini – e che all’inizio non piacevano a nessuno – sembra aver superato la crisi dei primi anni duemila e la flessione di fatturato del 2017.
Lego torna ad essere un mondo a parte. Fatto di sogni geometrici, pazienti incastri, istruzioni in scatola da seguire e altre da inventare perché quei mattoncini da sempre mirano non soltanto a divertire, ma a sviluppare la manualità e la creatività nei bambini. L’amministratore delegato Niels Kristiansen – la più grande industria del giocattolo del mondo per profitti e vendite resta nelle mani della stessa famiglia del falegname che l’ha creata – ha dichiarato nei giorni scorsi al Financial Times che aprirà quest’anno oltre 160 nuovi negozi (+40%), molti di questi, circa un quarto, in Cina dove il gruppo è presente da qualche anno con una novantina di punti vendita, ma dove intende incrementare la rete al dettaglio per arrivare entro la fine dell’anno a toccare i 140 negozi, distribuiti su 35 città. Proprio la Cina si è rivelata una risorsa dopo che nel 2017 l’industria di Billund, cittadina di seimila abitanti nel Sud della Danimarca, aveva annunciato una riduzione dell’8% dei suoi dipendenti nel mondo, pari a 1400 lavoratori. Per Lego sembrava la vigilia di un crollo, il declino irreversibile di un gioco che aveva accompagnato generazioni di infanzie attraverso tutta la seconda metà del Novecento: chi non aveva passato ore sul tavolo del salotto o della cucina a impilare i mattoncini, a costruire non solo case, ma castelli, motociclette, aerei, mostri, eroi e supereroi, lem spaziali, elicotteri? Dietro l’angolo c’era già l’imputato del delitto: la rivoluzione digitale, l’affollarsi degli schermi che rischiavano di spingere in soffitta i piccoli bricks. E invece i numeri, annunciati dai vertici dell’industria danese qualche giorno fa, in scia con una tendenza che si era già affacciata lo scorso anno, ribaltano lo scenario: aumentano i ricavi che arrivano nei primi sei mesi del 2019 a 14,8 miliardi di corone (circa 2,2 miliardi di dollari), più 4 per cento ed è una scelta, stando alle parole di Niels Christiansen quella di ridurre gli utili operativi del 16% per poter investire di più. È la rivincita. Nel mirino ci sono il mercato cinese e quello indiano dove Lego aprirà un ufficio a Mumbai: «Con una classe media in crescita, l’importanza data all’istruzione e una fiorente economia, l’India è il nuovo, logico passo avanti nei nostri sforzi per raggiungere altri bambini» ha detto il ceo.
Ma come fanno i vecchi bricks colorati a navigare ancora in questo mercato, a piacere in un mondo sempre più tecnologico e virtuale? Registrandosi ai tempi senza tradire le radici, sfornando per esempio costruzioni e personaggi legati alle serie tv di maggior successo o sbarcando già dieci anni fa nei videogames (con Lego Batman, Lego Harry Potter e altri) o proponendo costruzioni anche molto complesse fatte di migliaia di pezzi destinate a un pubblico adulto per esempio con le serie Mindstorms, Architecture e Technic dove si va dalla riproduzione “altamente dettagliata e da collezione” dell’Empire State building, a sofisticate macchine motorizzate, ai robot di mattoncini capaci di muoversi con un telecomando (e in confezioni che possono superare anche i 300 euro), all’uso della realtà aumentata scaricando la nuovissima app Hidden Side che è il passo più lungo che Lego ha fatto verso l’universo “fluido”, digitale. Insieme a questo, il supporto dei parchi Legoland, il primo fu nella “capitale” Billund naturalmente, a seguire tutti gli altri sparsi nel mondo (California, Germania, Inghilterra, Emirati Arabi…). Entro il 2020 poi in Italia, si inaugura all’interno di Gardaland, il primo parco acquatico d’Europa targato Lego realizzato con milioni di mattoncini e con un investimento di venti milioni di euro. Questo a pochi mesi dall’annuncio dell’acquisizione da parte dell’industria danese (attraverso la holding Kirkbi) del colosso dei parchi divertimento Merlin Entertainment a cui negli anni bui del passato aveva ceduto le quote dei suoi parchi. Un altro indizio che l’aria è cambiata.