Corriere della Sera, 8 settembre 2019
Sulla parola «summit»
Summit (s. f.) – Varietà di pera originaria della catena andina. Piccola, durissima e di sapore acetoso veniva usata da pastori e contadini di quelle terre come mangime per gli animali. Ma nel 1925 il botanico svedese Gunnar Summit cominciò a sperimentare un incrocio multiplo del frutto con la banana, la ciliegia, la melanzana e il fungo porcino. Nel 1928 il perfezionamento della Summit si poteva dire compiuto e la pera venne presentata con un certo succès d’estime all’esposizione agricola di Vancouver. Ma la sua fama si impose soltanto nel 1932 con la pubblicazione del romanzo poliziesco Summit mortale di S.S. Van Dine, in cui una ex prima ballerina, ricoprendo un piatto di pere al forno con una glassa di cioccolato e arsenico, avvelenava tutti i componenti del Metropolitan Ballet di New York. Adottata internazionalmente da ristoratori e peracottari, la Summit diede luogo tuttavia a sanguigne quantunque inconcludenti controversie circa il suo impiego, se dovesse cioè essere servita come antipasto, contorno o dessert; ciò che non impedì la diffusione del proverbio: «Una Summit al giorno migliora la circolazione». Nelle sue memorie Lord Halifax ricorda che a Ginevra il cuoco della Società delle Nazioni preparava per la pausa-caffè una crostata di Summit graditissima da molte delegazioni orientali, mentre si sa che il pur vegetariano Hitler detestava l’ambiguo frutto. Una pera Summit figura in una piccola natura morta dipinta da Georges Braque nel 1939 e attualmente al Museo Civico di Seattle.