Corriere della Sera, 8 settembre 2019
Intervista al direttore d’orchestra Daniel Harding
Il 31 agosto ha pubblicato su Twitter lo stralcio di uno studio dal titolo rivelatore: «La gente comincia a rilassarsi e a essere contenta a 44 anni». Con il commento: «Quindi è ufficiale...». Ogni riferimento non era per niente casuale: Daniel Harding quel giorno compiva 44 anni. E per il suo compleanno si era appena regalato una seconda vita: l’ex enfant prodige della direzione d’orchestra, già assistente, giovanissimo, di Simon Rattle e di Claudio Abbado, ormai di casa nei più importanti teatri di tutto il mondo tra i quali la nostra Scala di Milano, dal prossimo anno diventerà un pilota di linea Air France.
Ha decisamente superato John Travolta! Sa già se lavorerà su voli nazionali o internazionali?
«Farò voli a medio raggio. Il che significa in Europa e fino a Mosca o Tel Aviv».
Con quale tipo di aereo?
«All’inizio con uno della famiglia degli Airbus 320».
Chiederà di mettere musica classica all’atterraggio o al decollo?
Ride. «No. Ci sono molte abilità e qualità in comune tra le due professioni, ma nella mia testa sono ben separate. Il che penso sia sano!».
Smetterà di dirigere le orchestre?
«Assolutamente no! È stata la mia vita per venticinque anni e non smetterò mai finché le mie braccia riusciranno a muoversi. Non lo farò più con la stessa frequenza di prima, ma più spesso di molti miei colleghi. È importante avere un buon equilibrio nella vita, e volare e dirigere per me non sono in conflitto».
Quando è programmato il suo primo giorno di lavoro in Air France?
«Entrerò nella compagnia aerea a giugno. Quindi ci sarà un periodo di formazione e di adattamento alla policy e alle pratiche aziendali. Non so quando farò il mio primo volo da pilota di linea, però penso al massimo l’estate del prossimo anno».
Come si sta organizzando per conciliare entrambi i lavori?
«Prenderò una sorta di anno sabbatico, durante il quale rallenterò l’attività concertistica. Questo mi permetterà di focalizzarmi di più sulla professione di pilota, che per me ora è nuova. Ma dirigerò ancora e anzi manterrò i miei rapporti con molte grandi orchestre, come la Royal Concertgebouw di Amsterdam, la Vienna Philharmonic, Berlin Philharmonic, Bavarian Radio, Staatskapelle Dresden, Swedish Radio, Orchestra de Paris e altre negli Stati Uniti. Dopo, svolgerò entrambe le attività con lo stesso ritmo».
Non le mancherà esibirsi nei teatri?
«Dopo venticinque anni che fai il direttore d’orchestra penso non sia fisicamente e mentalmente sano né necessario condurre ogni settimana. Molti dei miei colleghi più in gamba fanno i direttori d’orchestra solo per qualche mese l’anno, in modo da lasciare spazio alla famiglia, allo studio, alla riflessione...».
Nel suo profilo Twitter ha scritto che lavorerà per la più bella compagnia aerea del mondo.
«Sono molto fortunato a poter lavorare per una compagnia che ama il fatto che io sia anche un musicista. Volare è un’attività bellissima e molto seria, esattamente come dirigere l’orchestra. Intendo raggiungere un equilibrio perfetto tra questi due lavori meravigliosi, che avranno la mia dedizione, la mia concentrazione e totale professionalità».
Quando ha cominciato a interessarsi ai voli?
«Da bambino. Ho sognato questo momento per quasi quarant’anni».
Quando ha preso la licenza di pilota? Immagino prima quella commerciale, poi quella civile...
«Negli ultimi cinque anni ho studiato per prendere licenza e qualifica in ogni momento libero. La mia famiglia adesso è felice di poter vedere di nuovo la mia faccia!».
Dove diavolo ha trovato il tempo?
«Bella domanda! Come direttore d’orchestra viaggio molto, ma ho anche molti pomeriggi e sere liberi. Non ho bisogno di tanto tempo per dormire e amo lavorare e studiare, mi tiene giovane».
Preferisce il momento dell’atterraggio o del decollo?
«Ci sono fattori molto diversi che possono rendere speciale l’uno o l’altro. Di sicuro c’è una grande bellezza nell’eseguire con precisione l’atterraggio. Ma un pilota ama stare in volo, non tornare a terra!».
Qual è il suo sogno inconfessabile: pilotare un A380?
«Per adesso sono molto felice del piano attuale. Ma un giorno comincerò a viaggiare sulle rotte di lungo raggio con aerei più grandi e allora sarà un’altra avventura e una nuova sfida».
Ha un suo aereo privato?
«No, mi sembra il modo più semplice per fare bancarotta».
Parliamo delle somiglianze tra dirigere un’orchestra e pilotare un aereo. Quali emozioni prova?
«Entrambe le attività sono stimolanti e bellissime. Richiedono lavoro di squadra, capacità di comunicare, consapevolezza, rigore, adattabilità, umiltà e immaginazione. Gli obiettivi e i rischi sono diversi, ma sono migliorato in entrambi i lavori proprio grazie a ciascuno di loro».
È sempre il direttore principale della Swedish Radio Symphony Orchestra?
«Sì, lo sarò almeno fino al 2023. Questa orchestra è il grande amore musicale della mia vita».
I suoi figli Adele, 17 anni, e George, 14, come hanno preso la novità?
«Hanno riso. Pensano che sia un workaholic senza speranza, che non rinuncia mai ai suoi sogni».
Ma si fidano di lei come aviatore?
«Sì, quando volano con me normalmente si addormentano dopo due minuti. Il che mi pare un grande attestato di fiducia!».
Il lavoro di pilota rappresenta la sua seconda vita. Sta già pianificando la terza, magari come allenatore della sua squadra del cuore, il Manchester United?
«Direttore d’orchestra, pilota di linea e padre: mi sembra una vita abbastanza impegnativa così... E poi il Manchester United è senza speranza!».