Corriere della Sera, 8 settembre 2019
Il risparmio dello spread servirà per tagliare le tasse
L’idea è rendere esplicito e visibile il filo che lega i possibili vantaggi di una politica che prova a cambiare le regole europee, ma nel frattempo le rispetta, con le condizioni necessarie per abbassare le tasse. Ed è per questo che nel disegno di legge di Bilancio allo studio del nuovo governo giallorosso potrebbe essere creato un nuovo fondo: un «serbatoio» nel quale far entrare, anno dopo anno, i risparmi che potrebbero arrivare dal calo dello spread, e quindi dei tassi di interesse che l’Italia paga sul proprio debito pubblico. Vincolando lo stesso fondo a una precisa destinazione d’uso, e cioè ad «alleggerire la pressione fiscale», uno degli obiettivi inseriti nel programma dello stesso governo Conte due.
L’idea di un fondo per il taglio delle tasse alimentato dai risparmi dello spread era sul tavolo già del primo governo Conte, quando il Movimento 5 Stelle era alleato con la Lega. In quel caso avrebbe dovuto finanziare la flat tax, e il fondo sarebbe stato in sostanza un invito ad abbassare i toni rivolto proprio alla Lega. Spostare la destinazione d’uso del fondo dalla tassa piatta al taglio delle tasse, inteso come rimodulazione delle aliquote Irpef, è anche una piccola vendetta nei confronti dell’ex alleato. Naturalmente si tratta di un segnale. Un calo di 100 punti dello spread vale, in media su base annua, oltre 2 miliardi di euro. Di risorse ne servirebbero anche altre. E sempre ammesso che il meccanismo funzioni, che lo spread si mantenga basso e i risparmi non vengano mangiati da altre urgenze. I precedenti non sono incoraggianti. Nel 2011 fu il governo Berlusconi a creare un fondo per il taglio delle tasse che doveva essere alimentato dai frutti della lotta all’evasione fiscale. Ma tutto è rimasto sulla carta.
Nel disegno di legge di Bilancio, però, la prima urgenza è trovare i 23 miliardi di euro che servono per fermare l’aumento dell’Iva. Il mix delle coperture è in sostanza definito ed è stato in buona parte ereditato dal vecchio governo. Ci sarà una parte di spending review, cioè di revisione della spesa pubblica, una parte di ridefinizione delle agevolazioni fiscali, a partire da quelle dannose per l’ambiente. E poi si potrà contare sul maggior gettito Iva che, grazie alla fatturazione elettronica, quest’anno dovrebbe salire di 5 miliardi. Ma sarà inevitabile fare ricorso a una parte di deficit, anche se questa partita andrà definita nelle prossime settimane nel corso del negoziato che, come ogni anno, correrà lungo l’asse Roma-Bruxelles.
Ad affiancare lo stop all’aumento dell’Iva nel disegno di legge di Bilancio sarà poi il taglio del cuneo fiscale, cioè delle tasse sul lavoro. Un intervento che dovrebbe far salire i salari dei dipendenti, perché il taglio di tasse e contributi farebbe scendere la differenza tra lordo e netto in busta paga e non prenderebbe la forma di un costo minore per le aziende, come invece è avvenuto in passato, ad esempio con gli incentivi alle assunzioni introdotti dal governo Renzi.