ItaliaOggi, 7 settembre 2019
Nasce a Thiene la più grande moschea del Veneto
Manca solo il minareto. La torre dalla quale il muezzin invita alla preghiera i fedeli musulmani. «Ma in Italia non ce lo lasciano costruire: solo le chiese, a quanto pare, hanno diritto al loro campanile…». Per il resto c’è tutto: le colonne di pietra, il grande salone centrale che ospiterà l’imam, i tappeti sui quali gli uomini si inginocchieranno, le mensole per appoggiare le scarpe, il parcheggio coperto. Quella di Thiene, in provincia di Vicenza, sarà la più grande moschea del Veneto.Il progetto dell’imponente centro islamico di Thiene, un comune di oltre 24 mila abitanti, risale a qualche anno fa. A occuparsi dei lavori è l’associazione culturale Il futuro, che rappresenta i musulmani del Vicentino. Sono gli stati gli stessi fedeli a finanziare la struttura. Costo: 500 mila euro. La moschea, che potrebbe essere inaugurata in concomitanza col prossimo Ramadan, si presenta come un enorme palazzo bianco con la parte centrale rivolta verso La Mecca e un piano dedicato alle donne. Un paio di mesi fa l’imam Kamel Layachi, rappresentante dell’Unione delle comunità islamiche italiane, ha visitato il cantiere. E ne è rimasto entusiasta. «Il sogno si sta trasformando in realtà. La fase successiva sarà la crescita dei nostri giovani, introducendo i musulmani nell’Italia nord orientale».
Due anni fa, in occasione della campagna elettorale per le amministrative di Thiene, poi vinte dall’attuale sindaco Pd, Giovanni Battista Casarotto, la moschea era finita al centro di una lunga polemica tra i candidati, che si erano rimpallati la responsabilità per aver concesso l’autorizzazione. «Non sappiamo ancora la data di apertura al pubblico, ma tecnicamente è sbagliato chiamarla moschea», ha spiegato il rappresentante dell’associazione Il futuro, Nordine Abbes. «Non abbiamo l’autorizzazione del Comune a realizzare un vero e proprio luogo di culto. Semplicemente, sarà la sede della nostra associazione culturale e sportiva. E come tale ospiterà non solo la preghiera del venerdì, ma anche corsi di arabo per i bambini».
Nel 2017 la Regione Veneto presieduta dal leghista Luca Zaia ha introdotto una sorta di legge anti moschee. Solo i sindaci, secondo la norma, possono dare il via libera alla realizzazione di nuovi luoghi di culto. In Veneto, attualmente, si contano 200 centri islamici. In virtù della legge regionale, però, le nuove moschee hanno difficoltà a ottenere l’autorizzazione. «Parliamo spesso di immigrati di seconda o terza generazione, cittadini italiani a tutti gli effetti: pregare è un loro diritto sacrosanto», ha detto al Corriere del Veneto il sociologo Stefano Allievi, che in passato ha fatto parte del Consiglio per le relazioni con l’Islam al ministero dell’Interno. «L’ostracismo di alcuni sindaci e di parte della popolazione ha costretto i musulmani a riunirsi in spazi periferici: negozi in disuso e magazzini delle zone industriali. È un atteggiamento di chiusura totalmente privo di buonsenso. Le moschee e i centri culturali islamici creano integrazione. Bandire questi luoghi dalle nostre città può portare soltanto rancori e ulteriori divisioni».
La Lega, sul piano politico, difende la legge anti moschee. «È una norma efficace, che andrebbe applicata da tutti i sindaci veneti», ha sottolineato il capogruppo del Carroccio nel consiglio regionale, Nicola Finco. «Gli amministratori hanno il dovere morale di difendere i valori fondanti della nostra società, che non hanno nulla a che fare con la cultura islamica».