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 2019  settembre 07 Sabato calendario

Periscopio

Io non avrei voluto un tweet del presidente degli Stati Uniti durante le consultazioni. Chiunque esso sia, non mi sembra una cosa corretta e rispettosa delle istituzioni italiane. Mario Monti. La7.È vero, ho fatto degli errori e ne ho già pagato le conseguenze. Ma la strategia l’ho sempre scelta bene. Massimo D’Alema (Vittorio Zincone). Sette.
Fintanto che Berlusconi resterà in campo sarà impossibile la nascita di un nuovo centrodestra, che sorgerà spontaneamente il giorno in cui Berlusconi si farà da parte. E questo lo sa benissimo anche Silvio, come sa che il centrodestra sarebbe maggioranza in Italia se si tornasse alle urne. Io, da sette anni, gli suggerisco di fare un passo a lato e attivare così la rinascita del centrodestra. Guido Crosetto, Fdi (Pietro Senaldi). Libero.
Un viaggio nelle intitolazioni delle vie e delle piazze di Modena rivela non poche sorprese. Spulciando il lungo elenco si nota subito come la toponomastica sia decisamente maschile: i nomi di donna sono solo 54 su 1.614. Non mancano nuovi spazi da intitolare: i prossimi saranno all’ex Amcm, dove la piazza porterà quasi certamente la «firma» dei fratelli Panini. Ma ci sono altre proposte. Gazzetta di Modena.
Più che una crisi di governo, è una crisi mistica. La Trinità al centro dell’inquadratura: Conte, Salvini e Di Maio, Padre, Figlio e Spirito Stanco. La presidente del senato in viola quaresima. Salvini che si ingobbisce sulla sedia per sbaciucchiare il rosario come una beghina. Renzi, l’ego della bilancia, che legge un passo del vangelo «ovviamente secondo Matteo». Massimo Gramellini. Corsera.
Se Bartali, più anziano di cinque anni, era profondamente cattolico (paolotto, si diceva allora), Coppi «doveva» essere di sinistra. Anche la sua vita, quel lasciare moglie e figlia per mettersi con una donna sposata, la moglie del suo medico, quel suo essere processato, con passaporto ritirato, lei in carcere, un figlio partorito in Argentina, poteva indicare un altrove rispetto a Bartali. Peraltro tutti e due avevano firmato il manifesto pro Dc prima delle elezioni del ’48. Gianni Mura. il venerdì.
Nel 2016 Urbano Cairo compì il capolavoro: l’acquisto della quota di maggioranza del Corriere della Sera e della Gazzetta dello Sport. Il gruppo, indebitatissimo con le banche, gli fu consegnato proprio da loro, come a un fiduciario. Gli ha giovato la fama di sparagnino e manager inflessibile. Virtù agli occhi di Giovanni Bazoli, il califfo di Intesa Sanpaolo, la più coinvolta nelle falle del Corsera. Oggi, tre anni dopo la scalata, il ripiano dei debiti e le economie interne sono a buon punto. I mugugni redazionali non mancano perché stipendi e benefit sono in calo. Ma non sono neanche tempi per alzare la voce, tanto meno con Cairo. Giancarlo Perna. LaVerità.
Sembra un episodio cavato dalle cronache degli anni Cinquanta, e invece è capitato a Reggio Emilia nel fine settimana. Qualcuno nella notte ha forzato il pollaio dell’agriturismo «Il Bove» a Sesso e si è portato via le galline, i galli e una coppia di anatre. Bottino da pentola. Gazzetta di Reggio.
Sono finiti sumeri, accadi, babilonesi, hittiti, assiri, egizi, fenici, persiani. Gli israeliti sono l’unico popolo dell’antichità giunto fino a noi. La gente si domanda: come si spiega? Si spiega così: gli ebrei hanno conservato la loro identità nel corso dei secoli. Si sono integrati senza mai farsi assimilare. Marcello Pezzetti, direttore del nascente Museo della Shoah di Roma (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Tanti possono dire di essere stati lanciati da Mina, uno per tutti lo sconosciuto Fabrizio De André di cui la Tigre cantò La canzone di Marinella. Ma solo uno può dire di essere stato lanciato perché Mina non ha interpretato una sua canzone: Pino Donaggio le aveva proposto Come sinfonia per Sanremo 1961, ma Mina aveva già in gara Io amo tu ami e Le mille bolle blu. «Quindi toccò a me partecipare», e iniziare così una carriera gloriosa che tiene assieme Claudio Abbado, Brian De Palma ed Elvis Presley e ora viene consacrata dal premio alla carriera del Club Tenco, che gli sarà consegnato nel corso della rassegna più importante della canzone d’autore, dal 17 al 19 ottobre, proprio a Sanremo, proprio al teatro Ariston dove si tiene il Festival (anche se nel 1961 fu al Casinò). Pino Donaggio, cantante (Luigi Bolognini). la Repubblica.
Mi tornano in mente i nostri genitori, che da bambini continuavano a ripeterci di studiare e di «farci una posizione». L’idea era che impegnandosi, formandosi, imparando si sarebbe trovato un lavoro migliore che avrebbe sì migliorato la condizione della propria famiglia, ma anche quella della comunità, per non dire della nazione. Aldo Cazzullo. Corsera.
S’agita il mar circasso della fantasia intorno a una Giulietta Sprint. «Ho la spider nel garage. L’ho comprata usata, una vera meraviglia. Corre come un puledro. Cinque ore fino a Napoli, con una bambola accanto che sembra Marilyn. Mi costa una fortuna di benzina: l’auto, non la bambola. Ma quest’estate ci vado in vacanza fino in Costa Azzurra. La fabbrica va benone, faccio il nababbo, me lo posso permettere. Lo vuoi vedere, il bolide?». Paolo Baldini, Piacenza passato prossimo. La Luna nel pozzo, 2005.
Peggy Guggenheim era una nonna inconsueta. Venire in questa casa, da bambina, faceva sempre una certa impressione. La notte, in stanza, i quadri dei surrealisti mi spaventavano con quelle creature mostruose... non sono mai stati i miei preferiti. Ricordo che io e mia sorella cavalcavamo la scultura di Arp in giardino, come se fosse un parco giochi. Peggy è stata una delle ultime persone a Venezia ad avere una gondola privata. Mi portava in giro per i canali: essendo cresciuta a Parigi, credevo che l’Italia fosse tutta sull’acqua. Peggy mi obbligava a scendere dalla gondola per andare a visitare le chiese: è stata un’educazione all’arte un po’ speciale. Karol Wail, nipote di Peggy Guggenheim (Dario Pappallardo). la Repubblica.
La mia impresa adesso è vivere con dignità fino alla fine. Sono un vecchio, ma non voglio passare per mona con me stesso e così non mi nascondo. Sì, sto in piedi e cammino solo grazie al girello, la testa vaga a lungo per luoghi ignoti. Dipendo dagli altri. Sono stato forte e ho visto mia moglie Fernanda morire: ho imparato a non avere paura di essere ammalato e di diventare debole. Un uomo alla fine dovrebbe vivere come ha vissuto. Cesare Maestri, alpinista (Giampaolo Visetti). la Repubblica.
La sola volta che sono andato a letto con due donne, avevo il torcicollo. Roberto Gervaso. Il Messaggero.