il Fatto Quotidiano, 7 settembre 2019
Come far fuori Foa dalla preidenza della Rai
Ora che anche in Rai si sta delineando una nuova maggioranza, con la trasmigrazione in Viale Mazzini dell’alleanza Pd-5Stelle, il problema principale ridiventa l’ingombrante presenza di Marcello Foa. Contro di lui partirà un attacco per spodestarlo dalla presidenza. E l’uovo di colombo passa per la commissione di Vigilanza e il controllo delle schede. All’interno del Cda Rai, infatti, dopo la nascita del nuovo governo Conte, in queste ore si sta delineando un nuovo asse con Rita Borioni (Pd), Beatrice Coletti (M5S), Riccardo Laganà (espressione dei dipendenti) e Fabrizio Salini, da una parte, e Giampaolo Rossi (Fdi), Igor De Biasio (Lega) e Marcello Foa, dall’altra. Quattro contro tre, ma con maggioranza ribaltata, facendo sponda con il consigliere eletto dai dipendenti, Laganà. “Non c’è nulla di ufficiale, per ora siamo solo alle chiacchierate informali, ma tra di noi si stanno registrando delle convergenze. Vedremo se ci sono i presupposti per lavorare insieme…”, racconta una voce all’interno del consiglio che si vuol tenere cauta. Addirittura qualcuno dice che pure Rossi per ora stia alla finestra. A essere isolati nella ridotta leghista sono invece De Biasio e Foa. E il presidente a fare un passo indietro non ci pensa proprio. Per questo all’interno di Pd e M5S si sta ragionando su come toglierselo di torno. “Quella del presidente della Rai è una carica di garanzia. E Foa in questi mesi ha dimostrato di essere tutto tranne che un presidente di garanzia. Se ora diventasse un presidente di opposizione, sulle barricate, sarebbe un danno per l’azienda”, si dice dentro il Pd. Quindi o si azzera l’intero vertice Rai (cosa ancora non del tutto esclusa) oppure i due partiti di maggioranza dovranno trovare il modo di “liberarsi” del presidente. E la soluzione più indolore la offre la sua elezione. Che, secondo il Pd, è stata irregolare.
Foa è stato eletto presidente in seconda battuta (la prima volta il suo nome non passò) quasi un anno fa, il 26 settembre 2018, con 27 voti a favore e 3 contro, centrando il quorum dei due terzi previsto in Vigilanza. Secondo il Pd, però, due schede erano da invalidare perché rese riconoscibili. “Da subito chiedemmo l’accesso agli atti, che non ci è mai stato concesso. Ora, se M5S è d’accordo, torneremo a chiederlo: così si potrà stabilire che l’elezione di Foa è stata illegittima”, spiega il dem Michele Anzaldi. La decadenza da presidente per irregolarità nel voto toglierebbe le castagne dal fuoco ai partiti, che se la caverebbero derubricando la questione a “tecnica” quando invece il tema è tutto politico. Le altre strade, più difficili, sarebbero una sfiducia al presidente da parte ministero del Tesoro o una mozione di sfiducia votata in Cda (piano B in caso di flop della Vigilanza). Insomma, per Foa si annunciano giornate difficili. E che l’aria a Viale Mazzini sia già girata in chiave anti-Lega trova conferma nella cancellazione della striscia quotidiana di Monica Setta su Raiuno e sull’arrivo di Alessandro Banfi a La vita in diretta solo come consulente e non come capo autore, come previsto in un primo momento. Due cose volute e ora negate (da Salini) a Teresa De Santis.