ItaliaOggi, 6 settembre 2019
Diritto & Rovescio
Luigi Di Maio ministro degli esteri è una scelta indecente. Per chi l’ha fatta e per chi l’ha accettata. Un ministro dei lavori pubblici infatti può anche non essere ingegnere o un ministro della sanità non è che debba essere necessariamente laureato in medicina. Entrambi infatti sono circondati da specialisti che li consigliano sui temi tecnici che debbono affrontare. Anche il ministro degli esteri viene aiutato dai diplomatici e dispone di interpreti: ma l’attività internazionale presuppone la conoscenza approfondita della lingua inglese. È in questa lingua infatti che vengono affrontati i discorsi più riservati, quelli che sono più importanti, che sono inevitabilmente quelli a tu per tu. Se Macron non avesse conosciuto perfettamente l’inglese, il tête-à-tête di due ore con Trump al recente vertice di Biarritz non avrebbe potuto avvenire. Insomma, Di Maio, da ministro degli esteri, assomiglia a un muto che accettasse di essere scritturato dalla Scala per cantare la Bohème di Puccini. E questo solo perché il suo partito lo ha imposto in questo ruolo.