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 2019  settembre 06 Venerdì calendario

Biografia di Evgenj Prigozhin, il cuoco di Putin

«Uno di loro ha filmato tutta la scena. Li conosco bene, sono i bastardi di Prigozhin». Lyubov Sobol è il volto più noto delle proteste dell’estate russa: giovane (31 anni), bionda e fotogenica, era candidata dell’opposizione alle elezioni di domenica per il consiglio comunale di Mosca, ma è stata esclusa dal voto per decisione delle autorità amministrative. Scesa in piazza in agosto insieme ad altre migliaia di manifestanti, è stata arrestata due volte. Una settimana fa stava salendo su un taxi davanti a casa, quando un gruppo di sconosciuti l’ha aggredita gettandole addosso una sostanza dal colore giallo-verdastro, forse feci. 
La Sobol non ha avuto dubbi nell’accusare gli uomini di Evgeny Prigozhin, uno degli uomini più ricchi di Russia. Secondo l’avvocatessa, attivista del Centro contro la corruzione di Alexey Navalny, c’è sempre Prigozhin dietro l’aggressione a suo marito, vittima di uno sconosciuto che, iniettandogli un misterioso liquido, gli ha provocato svenimenti e convulsioni. E lo stesso Prigozhin avrebbe ordinato di pedinarla mentre portava a scuola la figlia Miroslava, cinque anni, una forma di avvertimento per nulla nascosto. 
A spiegare tutto sarebbe l’attività della giovane Lyubov (in russo vuol dire amore) che da tempo denuncia le procedure poco pulite grazie alle quali Prigozhin ha conquistato negli ultimi anni appalti per 3,2 miliardi di dollari nel settore della ristorazione scolastica e delle mense statali. La combattiva avvocatessa ha guidato anche le proteste, finite poi in tribunale, di centinaia di genitori che si lamentavano per la scarsa qualità del cibo ricevuto dai loro bambini. Proteste e disavventure, però, non hanno frenato la corsa di Prigozhin, che negli ultimi mesi ha continuato a vincere appalti su appalti. Il suo è un percorso esemplare, tipico degli oligarchi di seconda generazione che oggi dominano il mondo del business russo.
Nella prima fase post-sovietica, più o meno nell’era Yeltsin, i miliardari diventavano tali in un quadro di assoluta anarchia: chi aveva meno scrupoli e i migliori contatti nel mondo della criminalità organizzata finiva per prevalere. Le cose sono cambiate con Putin. Con lui il Cremlino (Cremlino Spa, come lo ha soprannominato Steven Lee Myers, autore di una delle più dettagliate biografie del nuovo zar) è diventato un crocevia ben regolato di affari e cordate imprenditoriali. A decidere tutto è lo stesso Vladimir Vladimirovich: così le carte vincenti sono diventate un passato a San Pietroburgo, luogo di origine di Putin, e la fedeltà assoluta al grande capo.
A dirla tutta per Prigozhin gli inizi, ancora in era sovietica, non erano stati brillantissimi: campioncino di sci di fondo, aveva visto la carriera stroncata da un paio di condanne per rapina e altri reati, tra cui, pare, lo sfruttamento della prostituzione. Al momento della caduta del Muro gestiva un baracchino per gli hot dog e negli anni ’90, nel periodo in cui Putin aveva il compito di assegnare le licenze commerciali per la municipalità di San Pietroburgo, aveva ampliato il giro d’affari aprendo in città un paio di ristoranti. 
Quando Putin sale alla ribalta nazionale, porta a cenare gli ospiti Vip, come il francese Jacques Chirac o il premier giapponese Mori, nel locale più lussuoso di Prigozhin. E secondo i racconti dello stesso oligarca, in questa fase il numero uno del Cremlino inizia ad apprezzare l’umiltà dell’uomo d’affari, pronto a sbarazzare personalmente le tavole dei suoi clienti più importanti. Nasce qui l’ascesa non ancora conclusa. E anche il nomignolo con cui viene battezzato dalla stampa: il «cuoco di Putin».
L’altra faccia del successo, come detto è l’assoluta fedeltà al capo. Anche quando è necessario sporcarsi le mani. Già oggetto di sanzioni Usa per le sue attività legate all’invasione dell’Ucraina, Prigozhin è stato incriminato dal Procuratore speciale Robert Mueller: a lui farebbe capo l’Internet Research Agency di San Pietroburgo, la società accusata di aver seminato troll in mezzo mondo e di aver tentato di influenzare le elezioni americane. 
Poi c’è il capitolo più delicato, quello dei contractor di Wagner, l’esercito privato a cui il Cremlino affida le missioni più segrete e a cui Prigozhin sembra legato. È certo che gli uomini di Wagner sono stati impiegati in Ucraina e soprattutto in Siria. Di recente sono stati segnalati in Venezuela, in appoggio del dittatore Nicolas Maduro. Il fondatore del gruppo, il tenente colonnello Dimitri Utkin, è anche il numero uno della principale società di Prigozhin, la CMC. 
Del resto si sa pochissimo, anche perché i giornalisti che tentano di scoprire di più non fanno una bella fine. Maksim Borodin, che aveva indagato sull’attività di Wagner in Siria è precipitato l’anno scorso dal balcone al quinto piano della sua casa di Yekaterinburg. Il giorno prima aveva telefonato allarmato ai suoi amici dicendo che il palazzo era circondato da sconosciuti in passamontagna. Tre altri reporter russi, che erano sulle tracce di Wagner in Centrafrica, nuova area di attività del gruppo, sono stati uccisi a colpi di fucile mitragliatore, vittime di un agguato mai chiarito.