Corriere della Sera, 6 settembre 2019
I 111 anni di nonna Cecilia
Ha guidato l’auto fino a 102 anni, ha fatto scarpinate in montagna fin oltre i 90, ha sciato fino agli 80, e per tutta la vita, per tenersi in forma, non ha preso l’ascensore, neanche quando abitava al quarto piano. Ora sta al secondo, nella Gorizia dov’è nata nel 1908 e, fino a Natale scorso, ancora affrontava le scale a piedi. Cecilia Seghizzi, due guerre alle spalle, ha festeggiato 111 anni ieri.
Compositrice e pittrice, insegnante di musica e direttrice di coro, sospetta che il segreto della sua longevità stia nell’aver sempre tenuto impegnati cervello, mani e gambe. Abbandonare violino e pennelli, diventati difficili da maneggiare, le è dispiaciuto, perché le immagini e la musica, nella testa, ci sono ancora. L’età si sente più che altro nella voce. Dice: «Vorrei parlare con più scioltezza e questo mi fa imbizzarrire». L’aiuta a raccontarsi l’amica Loredana, che è stata sua allieva di canto negli anni 50.
Cecilia ha composto 130 pezzi per gruppi strumentali, soprattutto per cori e voci e d’ispirazione barocca e rinascimentale. Ha dipinto, anche su commissione, centinaia di quadri. Ha inaugurato di persona l’ultima mostra nel 2017 e ha spiegato: «A lungo, ho amato acquerelli di fiori e paesaggi, ma dopo i cent’anni ho scoperto la libertà di esprimermi nelle composizioni più astratte. Io preferisco definirle: immaginative». Come a dire che non si finisce mai di crescere e di evolversi.
Fino a qualche anno fa, dava ancora lezioni di pittura a un gruppo di signore goriziane. Ora, ammette che il compleanno la coglie triste, perché ha sempre avuto una salute di ferro e ormai si muove poco, parla male. Mangia ancora di gusto, «poco di tutto», compresa la «minestra ghiotta triestina», con gnocchi di uova, burro e pangrattato in brodo di carne. Ha perso tutti i familiari, ma le restano degli amici, tutti ex allievi di coro. «Mezza Gorizia, praticamente», chiosa. L’altro segreto di longevità devono essere le connessioni sociali: in città, la conoscono tutti, ha passato la vita insegnando teoria della musica, solfeggio, canto, dirigendo cori.
Nel 1953 ha vinto il primo premio al Concorso Polifonico Nazionale di Brescia con il Complesso goriziano, che lei stessa aveva fondato e dirigeva. Diplomata al Conservatorio Verdi di Milano, ha nostalgia per i concerti tenuti prima di tornare a Gorizia, dopo la morte del padre, nel 1933. Il papà era il compositore e maestro di cappella del Duomo di Gorizia Cesare Augusto Seghizzi, il nonno l’organista Angelo Seghizzi. Lei è stata per decenni attiva nel Premio Seghizzi, che tuttora organizza concorsi internazionali di canto corale, solistico e di composizione (sul podio, a luglio, c’erano Ucraina, Giappone, Canada. Il direttore artistico è il polacco Eugeniusz Kuz). Era musicista anche il marito, il pianista e compositore Luigi Campolieto, i cui studi, capricci e interludi ancora si trovano in catalogo. Cecilia riconosce di aver vissuto un grande amore, seppure segnato dall’attesa e dalla distanza: «Ci eravamo incontrati al Conservatorio, ci eravamo lasciati quando dovetti tornare a Gorizia, per stare vicina a mamma e fratello. Ma io e Luigi ci siamo ritrovati intorno ai cinquant’anni, quando finalmente ci siamo sposati». Nei suoi ricordi non c’è spazio per le lamentele, per quello che poteva andar meglio e non è stato. Il carattere è di ferro, come sanno i suoi studenti. Cecilia non si è abbattuta neanche quando il marito è mancato troppo presto, nel 1975. Assicura di aver avuto una bella vita: «Ho fatto quello che ho voluto, ho girato il mondo, ho viaggiato fino in Cina, sono sempre stata bene e ho evitato i farmaci il più possibile. Forse il segreto è proprio questo: che ho sempre preso pochissimi medicinali».