La Stampa, 5 settembre 2019
Cosa deve fare il governo nei primi 100 giorni
Il paragone è sfortunato, il contesto lo stesso: come ai tempi del governo di Massimo D’Alema nel lontano 1999, quello che mandò a casa Romano Prodi e durò meno di quel che avrebbero voluto i suoi padrini. La sorte del Conte-bis dipenderà molto da quel che accadrà nei primi cento giorni e nelle elezioni in tre Regioni, due delle quali storicamente di sinistra: Umbria, Emilia Romagna, Calabria. E poiché siamo al cinque di settembre, il primo atto rilevante sarà la Finanziaria per il 2020. L’ultima versione del programma di coalizione Pd-Cinque Stelle è una collezione ampia di promesse. Niente aumenti Iva, più soldi in busta paga a lavoratori dipendenti e famiglie, salario minimo, più risorse per scuola, ricerca, sanità, disabili. Ma con quali fondi? La frase al punto due è lunga e involuta, ma val la pena riportarla per intero: «Il governo si adopererà per promuovere le modifiche necessarie a superare l’eccessiva rigidità dei vincoli europei, che rendono le attuali politiche di bilancio pubblico orientate prevalentemente alla stabilità e non alla crescita, in modo da tenere conto dei complessivi cicli economici e di evitare che si inneschino processi involutivi. Abbiamo bisogno di un’Europa più solidale, più inclusiva, soprattutto più vicina ai cittadini». A volerla tradurre in italiano corrente, il Conte-bis tenterà ciò che è riuscito solo in piccola parte al Conte-uno: avere il via libera a nuove spese in deficit con il consenso di Bruxelles. La signora Ursula von der Leyen non ha ancora il suo governo, e non si può scommettere sul buon esito della questione. Ma a via XX settembre siederà Roberto Gualtieri, ex presidente della Commissione economia del Parlamento europeo, che di quelle complicate regole di bilancio conosce i dettagli più oscuri. Il segreto per raschiare il barile delle regole è tutto lì. La madre di tutte le promesse è l’aumento degli sgravi ai redditi fino a ventiseimila euro lordi annui. Di fatto, un costoso rafforzamento del bonus Renzi. Poiché la coperta è sempre corta, il programma promette tagli di spesa, delle agevolazioni fiscali, «una web tax per le multinazionali che spostano profitti e informazioni». Considerati i precedenti, vedere per credere.
C’è poi una priorità carissima ai Cinque Stelle: l’approvazione della riforma costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Di Maio e i suoi temono di restare fregati dal Pd, che quella riforma non l’ha mai sostenuta. Ecco perché il programma dice che la questione dovrà essere affrontata «nel primo calendario utile della Camera dei deputati». Tre le contropartite chieste dal Pd per evitare maggioranze bulgare, tutte riportate al punto dieci di ventinove: la riforma elettorale (in senso proporzionale) e dei regolamenti parlamentari, il voto ai diciottenni anche al Senato.
La terza urgenza della nuova maggioranza gialloverde - quella politicamente più delicata - sarà la modifica dei decreti sicurezza. Sulla testa del governo pende la lettera del Quirinale che ha accompagnato la firma dell’ultimo. Mattarella punta il dito sulla norma che introduce multe fino a un milione di euro per le Organizzazioni non governative che attraccano in Italia senza autorizzazione. Il presidente sottolinea che «non è stato introdotto alcun criterio che distingua la tipologia delle navi, la condotta concretamente posta in essere, le ragioni della presenza di persone accolte a bordo». Il decreto Salvini di fatto viola tutte le convenzioni internazionali firmate dall’Italia sugli obblighi del salvataggio in mare. Durante la trattativa per il via alla nuova maggioranza Di Maio aveva detto di voler lasciare tutto come sta, ma nel frattempo si moltiplicano le sentenze che smontano pezzo a pezzo il decreto e gli avvocati delle Ong promettono battaglia fin alla Corte costituzionale.