Libero, 4 settembre 2019
Sul contratto di governo Pd-M5s
Potete chiamarlo programma, potete anche chiamarlo Piero, o Giovanni, un nome qualsiasi: il neo governo l’ha chiamato «Bozza di lavoro che riassume le linee programmatiche che il presidente del Consiglio incaricato sta integrando e definendo», ma, va detto, è solo una lista di genericissime intenzioni che fa sembrare il precedente «contratto di governo» di una tecnicità incomparabile. I 56mila ectoplasmi della piattaforma Rousseau, tuttavia, hanno votato quello: 26 punti, che prima erano 20, che prima erano 10, che prima – per decenni – hanno riempito il libro dei sogni di ogni governo occidentale. Come stile, ricorda – più generico – il modus di Walter Veltroni, il famoso «ma anche» che vorrebbe per esempio «attuare una politica economica espansiva» ma anche «rispettare l’equilibrio di bilancio»: del resto basta scriverlo, senza indicare un come, i mezzi, i soldi, gli obiettivi a breve termine. Neppure di sfuggita. Abbiamo contato 16 «Occorre», un «Occorrerà», un «Occorrono, un «È essenziale», un «È indispensabile», due «È necessario» e un «Sono necessari»: è un programma di governo dove in pratica c’è scritto che serve un programma di governo. Non è un libro di ricette, è un menù. Volendo trovare qualcosa di notevole, potremmo citare il proposito di «tagliare le tasse ai lavoratori» e attuare un «Green new deal» che metta al centro degli investimenti la sostenibilità ambientale, ma anche il misterioso punto 26 che tira in ballo una Roma più «vivibile»: «Il governo dovrà collaborare per rendere Roma una capitale sempre più attraente per i visitatori e sempre più vivibile e sostenibile per i residenti»; anche qui, niente obiettivi o temi specifici, ma potrebbe celare una possibile ciambella di salvataggio al sindaco Virginia Raggi che da tempo reclama – per rifiuti, risanamento del debito, trasporti – poteri speciali. Ma entriamo nello specifico dei 26 punti. Ci sono affermazioni di principio che sono state scritte centinaia di volte (punto 13, «occorre potenziare l’azione di contrasto delle mafie e combattere l’evasione fiscale», punto 12, «occorre ridurre drasticamente i tempi della giustizia civile, penale e tributaria», punto 16, «va lanciato un piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud») e poi in teoria ci sarebbero i due punti che registravano un apparente attrito tra Pd e Cinque Stelle: l’immigrazione e il taglio dei numero dei parlamentari. Leggiamo, punto 15 sull’immigrazione: «È indispensabile promuovere una forte risposta europea al problema della gestione dei flussi migratori» (solite balle) e però la «disciplina in materia di sicurezza dovrà essere aggiornata seguendo le recenti osservazioni formulate dal presidente della Repubblica». Ossia? In concreto, con i suoi toni, Sergio Mattarella aveva predicato accoglienza, invitato a «costruire ponti» e detto che serve a poco «vietare l’ingresso» e insomma chiudere i porti: ma come possano essere sfruttate le sue parole resta un generico mistero che, del resto, riguarda altri punti del programma dove sarebbe bastato scrivere «fare il bene, non fare il male» per giustificare in futuro qualsiasi iniziativa, legittimata in quanto «c’è scritto nel programma». Al punto 10, però, si specifica che «è necessario inserire, nel primo calendario utile della Camera dei deputati, la riduzione del numero dei parlamentari, avviando contestualmente un percorso per incrementare le garanzie costituzionali, di rappresentanza democratica, assicurando il pluralismo politico e territoriale». In politichese: d’accordo, sì, abbassiamo pure il numero dei parlamentari, ma – come richiesto dal Pd – spazio anche a una nuova legge elettorale. E l’economia? Paroloni, e virgole messe a caso, al punto 5: «Occorre realizzare un Green New Deal, che comporti un radicale cambio di paradigma culturale e porti a inserire la protezione dell’ambiente tra i principi fondamentali». Occorre. Ma poi si torna ai punti 1 e 2, evidentemente fondamentali, ma anche qui non c’è niente che non scriverebbe chiunque: la legge di bilancio 2020 sarà imperniata su «una politica economica espansiva, senza compromettere l’equilibrio di finanza pubblica» attraverso misure quali neutralizzazione dell’aumento dell’Iva, sostegno alle famiglie e ai disabili, il perseguimento di politiche per l’emergenza abitativa, de-burocratizzazione e semplificazione amministrativa, maggiori risorse per scuola, università, ricerca e welfare. In particolare si vorrebbe puntare sulla riduzione delle tasse sul lavoro (ma a vantaggio dei lavoratori) e poi individuare una retribuzione giusta (un «salario minimo») e ovviamente garantire le tutele massime a beneficio dei lavoratori, oltre ad approvare – se ne sentiva il bisogno – una nuova legge sulla rappresentanza sindacale. Poi, sempre dal libro dei sogni: individuare il giusto compenso anche per i lavoratori non dipendenti, così da evitare abusi e sfruttamento dei giovani professionisti; un piano per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, un’altra legge sulla parità di genere negli stipendi, congedo di paternità obbligatorio (perché lo dice l’Europa) e altra roba così: un’elencazione di problemi notori con la specifica «bisogna risolverli». Grazie tante. Non dimentichiamo il sostegno ai disabili, l’emergenza abitativa e più soldi per scuola e ricerca e welfare: e infatti non lo dimenticano, cosicché nessuno possa dire che qualsiasi legge «non era nel programma». C’è persino un classico riferimento a una nuova legge sul conflitto d’interessi (presente in ogni programma da circa trent’anni) perché vedete, nello specifico «L’Italia ha bisogno di una seria legge sul conflitto di interessi, con una contestuale riforma del sistema radiotelevisivo improntato alla tutela dell’indipendenza e del pluralismo». Abbiamo visto, anche noi di Libero, quanto l’indipendenza e il pluralismo stessero a cuore al grillini. In sostanza, come molti sui social hanno fatto notare, manca l’eliminazione della fame nel mondo, la resurrezione dei morti, la fine di ogni guerra e altre cose (più volgari) per tutti. In chiave potenzialmente anti-salviniana c’è il citato riferimento all’immigrazione, la probabile pioggia di soldi su Roma, il «piano straordinario di investimenti per la crescita e il lavoro al Sud» (ci risiamo) e qualche presa in giro o bizzarrìa come il riconoscimento alla nascita del «diritto di accesso alla rete» tra i diritti della persona, una colossale bugia circa un «processo di autonomia differenziata giusta e cooperativa, che salvaguardi il principio di coesione nazionale e di solidarietà» e poi – immancabile – una valorizzazione del «nostro patrimonio naturale, storico e artistico», perdiana.