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 2019  settembre 03 Martedì calendario

A rischio la produzione di miele

Una moria silenziosa, dalle conseguenze ben più drammatiche di quanto si possa pensare. In tempi non sospetti Albert Einstein sosteneva che se le api scomparissero dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita. Ecco perché gli addetti ai lavori guardano con estrema preoccupazione al repentino calo della popolazione di questi insetti, certificata anche in Italia dai dati Coldiretti, secondo cui la produzione di miele è praticamente dimezzata rispetto ai 23 milioni di chili dell’anno scorso. L’Italia ha dovuto importarne ben 9,7 milioni di chili nei primi cinque mesi del 2019, di cui circa la metà arriva dall’Ungheria e quasi il 10% dalla Cina. Si tratta però di miele non sempre di alta qualità, basti pensare che in Cina sono consentite coltivazioni Ogm che nel nostro Paese sono vietate. Proprio la possibilità di un’invasione di miele estero di basso livello ha portato Coldiretti a lanciare l’allarme: «Per evitare di portare in tavola prodotti esteri di bassa qualità consiglia l’associazione degli agricoltori – occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta o rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati di Campagna Amica. Il miele italiano è riconoscibile dall’etichettatura di origine obbligatoria: la parola Italia deve essere sempre presente sulle confezioni di miele raccolto sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione della miscela».
Alla base del netto calo di produzione gli esperti vedono l’andamento climatico anomalo degli ultimi tempi che non ha risparmiato gli alveari e fatto soffrire le api, un indicatore sensibile dello stato di salute dell’ambiente. L’analisi di Coldiretti arriva in un 2019 segnato finora da 1126 eventi meteo estremi – grandinate, trombe d’aria, tempeste di acqua e vento e ondate di calore da un capo all’altro della Penisola, con un incremento del 56,4% rispetto all’anno scorso. Una situazione che ha sconvolto la vita delle api, preziose sentinelle dell’equilibrio naturale globale e della biodiversità. La nostra alimentazione dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il lavoro degli insetti, al quale proprio le api concorrono per l’80%. A livello nazionale, secondo gli agricoltori il 2019 si prospetta per l’apicoltura come l’anno più critico di sempre: al caldo e siccità nei primi mesi primaverili sono seguite copiose precipitazioni, unite a un calo termico per buona parte di maggio che ha compromesso le fioriture mentre nell’estate bollente si sono verificate violente ondate di maltempo. Una situazione disastrosa per le api, che non hanno potuto raccogliere il nettare e il poco miele che sono riuscite a produrre lo hanno mangiato per sopravvivere.
In Italia esistono più di 50 varietà di miele a seconda del tipo di «pascolo» delle api: dal miele di acacia al millefiori (tra i più diffusi), da quello di arancia al castagno (più scuro e amarognolo), dal tiglio a alla melata, fino ai mieli da piante aromatiche come lavanda, timo e rosmarino. Nelle campagne italiane sono 1,4 milioni gli alveari curati da 51.500 apicoltori di cui 33.800 circa producono per autoconsumo (65%). Il problema è di livello planetario, e una mobilitazione crescente e capillare dimostra quanto siano drammatiche le conseguenze della moria delle api: persino l’attore hollywoodiano Morgan Freeman ha recentemente deciso di trasformare il suo ranch in Mississippi in un santuario per le api. Sperando che non sia già troppo tardi.