Corriere della Sera, 3 settembre 2019
Fenomenologia delle stroncature
Divertente l’idea di Giuliano Montaldo di voler allestire un festival dei film «martiri», quelli «uccisi» dai critici. Per analogia, si potrebbe chiedere a un canale tv di trasmettere per una settimana tutti i programmi «uccisi» dalla critica. In questi casi, di solito chi è criticato applica il teorema Totò: «Adesso mi criticate ma, un giorno, sarete costretti a tessere le mie lodi, com’è successo con Totò».
Il caso Montaldo è diverso, è stato vittima della critica ideologica, dominante per tutti gli anni 60 del secolo scorso. Aveva fatto un film, Tiro al piccione (1961), implacabilmente stroncato dai critici: «Mi ero azzardato a parlare, in quel tempo ancora carico delle ferite del Ventennio e della guerra, della Repubblica di Salò. Giose Rimanelli aveva raccontato, in un romanzo autobiografico, l’avventura di un ragazzo che, nei giorni di fuoco, si era arruolato volontario nella Repubblica di Salò». La ferita più grande, per lui uomo di sinistra, era stato il fuoco amico. D’altronde, il cinema e la tv sono un formidabile campo di prova di un principio epistemologico: quello che oggi appare negativo domani potrà tramutarsi nel suo contrario o viceversa. Legge fondamentale: se cambia il punto di vista cambia anche il testo.
E l’omaggio alla Mostra del cinema di Venezia sta a significare che è cambiato il punto di vista e, con esso, Tiro al piccione. Montaldo può anche dirsi fortunato. Se un film sulla Repubblica di Salò fosse stato firmato da un regista di destra, difficilmente oggi il Centro Sperimentale di Cinematografia avrebbe provveduto al restauro. Quando i cineasti si lamentano dei critici penso sempre a Mike Bongiorno. Ma se avessero ricevuto loro una stroncatura di Umberto Eco, cosa avrebbero fatto? La Fenomenologia sarebbe stata la loro tomba? E dire che dal punto di vista sociale il ruolo di Mike è stato molto più importante di molto cinema italiano.