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 2019  settembre 03 Martedì calendario

Climate change: dieci cose da sapere

Di questi tempi, un saggio sui cambiamenti climatici come questo, pubblicato in prima edizione nel 2009, necessita di frequenti aggiornamenti. (…) La cronaca degli eventi meteo-climatici si arricchisce di preoccupanti anomalie e il settore è denso di continue acquisizioni scientifiche di cui è importante dar conto.
(…) Nei 10 anni che separano la prima edizione di questo libro dall’attuale:
– la popolazione terrestre è passata da 6,9 a 7,7 mld di individui (+12%)
– la concentrazione di diossido di carbonio in atmosfera è aumentata da 390 a 415 ppmv-parti per milione in volume (+6%);
– il metano è incrementato da 1.788 a 1.866 ppbv-parti per miliardo in volume (+4%).
1. Il clima sta davvero cambiando? Sì, la crisi climatica è ormai inequivocabile, e la constatiamo soprattutto dall’aumento delle temperature medie globali (+1 °C nell’ultimo secolo), dalla maggiore frequenza delle ondate di calore inedite, con conseguente fusione dei ghiacciai (superficie dimezzata in 150 anni sulle Alpi), aumento dei livelli oceanici (+3,5 mm/anno), maggior frequenza di siccità e incendi boschivi, variazioni nella distribuzione geografica di piante e animali ed estinzioni di specie. Meno univoche le tendenze delle precipitazioni. (…) Ma in generale stanno aumentando i rovesci intensi: con le temperature più elevate l’acqua evapora più rapidamente dagli oceani e l’aria contiene più vapore acqueo.
2. Però a maggio faceva ancora freddo… Non bisogna confondere i concetti di tempo − ovvero le situazioni meteorologiche a scala locale nell’orizzonte di ore o pochi giorni, come il freddo italiano del maggio 2019 − e di clima − ovvero l’evoluzione delle condizioni medie su lunghi periodi, alla scala di decenni e secoli e a livello globale. Anche in un pianeta che mediamente (e velocemente!) si riscalda, si possono ancora verificare brevi periodi di freddo insolito, benché più rari.
3. Di chi è la colpa? In passato il clima terrestre è sempre cambiato per cause naturali (caratteristiche dell’orbita terrestre, variazioni dell’attività solare, eruzioni vulcaniche), ma il riscaldamento attuale è di sicuro dovuto alla crescente emissione di gas serra conseguente all’utilizzo di combustibili fossili e alla deforestazione (CO², diossido di carbonio), ma anche per l’allevamento intensivo di bovini (CH4, metano). Nel 2018 si è toccato un record di emissione di 33 miliardi di tonnellate di sola CO², la cui concentrazione nell’aria sta aumentando di circa 2,5 ppmv all’anno e nel maggio 2019 è salita a 415 ppmv, massimo valore da almeno 3 milioni di anni. (…)
4. Chi emette più gas serra? I Paesi più ricchi, industrializzati e con economie basate sul carbone e molti sprechi di energia e materie prime, con oltre 20 tonnellate di CO² equivalente pro capite all’anno (Usa, Canada, Australia). Al contrario i Paesi più poveri – Africa subsahariana, Afghanistan… dove non si raggiungono i livelli minimi di accesso a energia, cibo e servizi − contribuiscono pochissimo al riscaldamento globale (poche decine di kg di CO² pro capite), ma ne subiscono gli effetti. L’Europa e l’Italia stanno nel mezzo, rispettivamente con 8,7 e 7,1 tonnellate pro capite (2016), mentre sta crescendo il contributo delle economie emergenti (Cina, India, Brasile).
5. Cosa potrà accadere in futuro? I modelli climatici indicano che se non riduciamo subito le emissioni, entro la fine di questo secolo le temperature medie globali aumenteranno di oltre 4 °C (ma anche di 10 °C e più nell’Artico!), moltiplicando le ondate di caldo mortali e facilitando la propagazione di malattie tropicali; tempeste e nubifragi più violenti si alterneranno a siccità più lunghe penalizzando la produzione agricola, i ghiacciai fonderanno (quasi del tutto sulle Alpi) e i mari si alzeranno di almeno un metro sommergendo città e pianure costiere oggi abitate da centinaia di milioni di persone (Venezia, New York, Mumbai, Giakarta…). (…)
6. Come si può prevedere il clima tra cent’anni? (…) Le previsioni climatiche, ottenute da complessi modelli di simulazione su supercalcolatore che accoppiano atmosfera, oceani, criosfera e biosfera, indicano l’evoluzione media del clima globale a scala decennale/secolare in base a popolazione, consumi energetici, emissioni serra (…).
7. Perché dobbiamo preoccuparci? (…) Se incontrastati, i cambiamenti climatici insidieranno la salute umana e scateneranno migrazioni epocali e gravi tensioni geopolitiche che si sommeranno alle guerre per l’accesso alle risorse naturali, sempre più scarse in un mondo sovraffollato (acqua potabile e per l’irrigazione, terre coltivabili, petrolio e minerali rari, pesce…).
8. Cosa possiamo fare? Dobbiamo ridurre subito la pressione umana su ambiente e clima (Antropocene), riducendo i consumi di energia e materie prime, con convergenza tra un insieme di strategie individuali e collettive (dal basso) e politiche (dall’alto) che permettano di soddisfare i bisogni primari dell’Umanità rimanendo però entro i limiti fisici planetari (“economia della ciambella”). Ecco alcune azioni prioritarie: moderare la natalità tramite programmi educativi, soprattutto nei Paesi poveri, per evitare il continuo aumento di popolazione; evitare i viaggi aerei, soprattutto intercontinentali; limitare l’uso e i consumi di carburante dell’auto privata (…); migliorare l’efficienza energetica degli edifici e la produzione da fonti rinnovabili (…); scegliere fornitori di energia elettrica da fonti rinnovabili; privilegiare beni durevoli (no usa-e-getta), ridurre all’origine la produzione di rifiuti, riciclare, recuperare e riutilizzare gli oggetti (economia circolare); scegliere frutta e verdura di stagione, il più possibile locale, e se possibile coltivare un proprio orto; puntare a una dieta in prevalenza vegetariana o comunque a basso apporto di carne bovina; azzerare lo spreco di cibo (un quarto delle emissioni serra deriva dalla filiera di produzione alimentare).
9. Cos’è l’Accordo di Parigi? È un accordo internazionale faticosamente raggiunto nel 2015 alla Cop-21 di Parigi, a oggi ratificato da 185 Paesi responsabili dell’88% delle emissioni serra globali. Punta a decarbonizzare l’economia (zero emissioni a metà secolo) per contenere sotto i 2 °C, e possibilmente a 1,5 °C, il riscaldamento globale dall’era industriale al 2100. (…)
10. Come si sta comportando l’Italia? Come nel resto d’Europa, la consapevolezza ambientale e gli sforzi di decarbonizzazione sono un po’ aumentati negli anni recenti: l’efficienza nella produzione di energia è migliorata, le fonti rinnovabili coprono un terzo dei consumi elettrici (e siamo il quinto Paese al mondo per potenza fotovoltaica installata), le emissioni serra complessive sono diminuite del 17,4 per cento tra il 1990 e il 2017. Tuttavia restiamo un Paese che consuma, spreca e inquina troppo.