Il Messaggero, 3 settembre 2019
Biografia Fabio Gaudenzi detto Rommel
Prima della condanna al processo Mondo di mezzo per i suoi opachi rapporti societari con la coppia Buzzi-Carminati, Fabio Gaudenzi era Rommel, leader di Opposta fazione, un gruppo di ultras giallorossi che alla fine degli anni 90, con le spranghe e i blitz avevano conquistato l’Olimpico. Svastiche e azioni punitive contro gli extracomunitari, spaccio, guerriglia urbana e minacce. Il controllo del business dei biglietti e delle trasferte era cominciato così. Ed è in quegli anni che Gaudenzi riesce ad avvicinarsi al gruppo di neofascisti del Mondo di mezzo che lui, classe 72, deve avere individuato come modelli.
L’USURA Nel processo al Mondo di mezzo è stato condannato a due anni e otto mesi in via definitiva, ma non gli è stata riconosciuta l’aggravante mafiosa, solo l’usura. E adesso un altro dibattimento lo attende: i suoi investimenti alle Bahamas, insieme al Nero sono ancora sotto esame del Tribunale. Ha paura adesso, Gaudenzi. Vuole protezione, dopo l’omicidio di Diabolik, l’altro camerata cresciuto tra gli spalti e diventato potente con la droga, teme per se stesso. «In questi quattro anni ha fatto una scalata che non vi rendete conto», dicevano i sodali su Fabrizio Piscicelli nelle intercettazioni agli atti del processo sul Mondo di mezzo. Gaudenzi ora lancia messaggi, si fa arrestare, ma non prima di avere diffuso due video nei quali prova a salvare se stesso e i suoi sodali, ma soprattutto minaccia i nemici, «i traditori».
Fa i nomi e promette di raccontare: «Avete tre mesi di tempo per andare via». Ma in primo luogo, in attesa della Cassazione, che per il suo amico Carminati dovrà pronunciarsi sull’ipotesi di associazione mafiosa, delimita il campo di azione e di interesse dei fascisti di Roma Nord, quel gruppo «elitario» al quale dice di appartenere dal 92. Precisando: la mafia non c’entra. Solo banda armata. Poi distingue tra amici e nemici e promette rivelazioni, a cominciare dal nome dell’assassino di Diabolik, lì sì che i clan hanno avuto un ruolo. Ma poi nomina soprattutto morti. Una destra che non esiste più. A cominciare da Luca e Fabrizio Carroccia. Il primo aveva scelto il suicidio dopo che il fratello Fabrizio, er Mortadella, capo ultrà della Roma, muore in una cella di Rebibbia. Era il 2011. Un episodio che Carminati ricorda con Brugia mentre è intercettato. Elio Di Scala, kapplerino, un altro camerata ucciso durante una rapina nel 94. E ancora Maurizio Boccacci, l’ex leader di Mp, fondatore di Militia, una lunga storia nell’estremismo nero, finita da tempo. E Riccardo Brugia, condannato a undici anni nel processo al Mondo di mezzo.
I NEMICI Poi i nemici, Filippo Maria Macchi, un altro camerata, cresciuto con Gaudenzi, ma finito nella lista testi della procura nel maxiprocesso. In aula Macchi ha avuto paura, ha rinviato e ha tentato, terrorizzato, di negare quanto era già agli atti. Così è finito a sua volta accusato di reticenza dai pm. Era lui a dire al telefono: «A Roma esiste pure una scala gerarchica non è che cioè se Fabio (Gaudenzi,ndr) dice è come è come se quello che tu sai, che sta lì, al benzinaio (Carminati ndr), dice a Fabio de chiamarlo e Fabio non lo chiama lo deve chiama’ per forza».