il Giornale, 2 settembre 2019
A Di Maio basteranno 20 senatori per far cadere il governo
VANITYX
Roma Luigi di Maio si prepara al piano b. Nell’ipotesi in cui dovesse uscire ridimensionato (fuori da Palazzo Chigi) dalla trattativa per la formazione del governo, il capo politico dei 5 stelle sarebbe pronto a rendere la vita difficile al Conte bis. E nel suo piano avrebbe già incassato l’appoggio di Alessandro Di Battista.I due leader grillini, che rischiano di essere oscurati dall’ascesa di Giuseppe Conte, giocano di rimessa. E studiano il contrattacco in Senato. Dove i numeri della maggioranza dem-5s sono risicati. L’asse Di Maio-Di Battista avrebbe praticamente in pugno la vita dell’esecutivo.
Il capo politico dei Cinque stelle controlla una pattuglia di venti senatori. Quanti bastano a indirizzare (o sabotare) i provvedimenti della maggioranza giallorossa. Di Battista può contare su due fedelissimi: Gianluigi Paragone ed Elio Lanutti. Più numerosa la pattuglia dimaiana. Sono considerati fedelissimi del leader grillino, i senatori Maria Domenica Castellone, Nunzia Catalfo, Ugo Grassi, Raffaele Mautone, Sergio Puglia, Danilo Toninelli, Francesco Urraro, Sergio Vaccaro, Loredana Russo, Mimmo Cataldo, Fabio Di Micco. Conte sarebbe, dunque, ostaggio di Di Maio e Di Battista. Sulla carta, al Senato, Pd e 5stelle hanno 158 voti (51 Pd e 107 M5s). La maggioranza è fissata a 161. Per incassare il voto di fiducia, ma soprattutto avere nel corso della legislatura un percorso stabile, sono necessari i voti di Leu, Autonomie e Misto. Che però potrebbero non bastare, se Di Maio decidesse di fare il bello e il cattivo tempo dell’esecutivo. Da qui si spiega il pressing per evitare uno strappo, che suggerisca poi al leader dei Cinque stelle di non entrare nell’esecutivo. E avere le mani libere. Giocare una partita da battitore libero. Scenario che indebolirebbe (politicamente) l’esecutivo Conte. Che già dovrà fare i conti con un’altra falla: le presidenze delle commissioni in mano alla Lega. Il Carroccio guida 11 commissioni: 5 alla Camera e 6 al Senato. Il ricambio è fissato nel 2020. Ma soprattutto il partito di Matteo Salvini controlla con Claudio Borghi la commissione Bilancio della Camera. Sarà lui, da presidente della commissione Bilancio, a dirigere i lavori, il calendario, i tempi della discussione oltre ad avere un ruolo decisivo sull’ammissibilità degli emendamenti sulla manovra. Come Borghi ci sono altri 10 presidenti leghisti tra Camera e Senato pronti a ostacolare l’attività parlamentare del nascente governo giallorosso. Oltre alla Bilancio (Borghi), alla Camera la Lega guida Ambiente (Benvenuto), Trasporti (Morelli), Attività produttive (Saltamartini), Lavoro (Giaccone). Al Senato Alberto Bagnai presiede la Finanze, altra commissione strategica, così come Stefano Borghesi gli Affari costituzionali, chiamata a esprimere pareri su gran parte dei provvedimenti e nella quale approderà l’eventuale riforma elettorale.
E un altro plotone lo sta organizzando l’ex ministro Roberto Calderoli che – in un’intervista a Libero – anticipa le trappole per la nuova maggioranza: «Se anche l’esecutivo dovesse nascere, sarà facile metterlo in difficoltà. Non durerà. La Lega è l’unica forza politica in grado di fare davvero l’opposizione. Sotterrerò il governo sotto milionate di emendamenti».