Il Messaggero, 2 settembre 2019
La lotta alla dipendenza da smartphone
Centocinquanta volte al giorno. Una volta ogni 9 minuti. È la frequenza con cui i millennial – i nati tra la fine degli anni 80 e la prima parte dei 90 – controllano il proprio smartphone. Un gesto quasi meccanico che secondo alcuni studiosi avrebbe ormai raggiunto le caratteristiche di una dipendenza. Soprattutto se il dispositivo viene sbloccato per accedere alle piattaforme social. I vari Facebook, Instagram, YouTube, Twitter e Tik Tok infatti, hanno un utilizzo medio di circa 30 minuti al giorno ciascuno. Un monitoraggio quasi ossessivo dello smartphone che però non è imputabile solamente a uno scarso auto-controllo degli utenti o a una vita social iperattiva.
IL MECCANISMOLe app infatti sono spesso progettate con l’intento preciso di creare dipendenza. Un intento raggiunto facendo leva sulla dopamina, una delle sostanze prodotte dal nostro cervello che ha a che fare con il compiacimento ottenuto dopo aver raggiunto un obiettivo. Ma anche ricorrendo agli stessi trucchi che sono alla base del gioco d’azzardo. Le notifiche in pratica, anche quelle spesso inutili, funzionano come le micro-vincite utilizzate per tenere attaccati agli sgabelli di casinò, sale slot e bar gli affezionati utenti delle macchinette. Un meccanismo spiegato anche dall’ex designer di Google Tristan Harris (da alcuni definito «la coscienza della Silicon Valley») che ad esempio arriva a definire lo smartphone La slot machine che è nelle tue tasche.
IL LOOPUn’immagine forte che Harris associa ai cosiddetti premi variabili intermittenti, la definizione con cui si riferisce a quegli strumenti utilizzati da chi progetta le app per mantenere attaccati gli utenti ai dispositivi. La variabilità dei premi infatti, li rende incerti: devi abbassare la leva per scoprire cosa puoi ottenere, e una volta ottenuto ne vuoi ancora. Un loop ludico molto stressante che però, al contrario di quanto si possa pensare, non spinge gli utenti a spegnere i dispositivi, anzi.
A sostenerlo ad esempio è un recente studio della Lancaster University pubblicato dalla rivista Information Systems Journal. I ricercatori inglesi hanno analizzato le diverse forme di tecnostress causate dai social. Dalla sensazione di invasione nella propria vita privata fino alla difficoltà di adattare il proprio utilizzo delle piattaforme a quello degli amici, e hanno poi sottoposto alcune centinaia di utenti Facebook a dei questionari per verificarne il comportamento. «Quello che abbiamo osservato – ha spiegato Sven Laumer, uno degli autori – è che gli utilizzatori che hanno una frequentazione maggiore dei social quando si sentono stressati trovano un altro aspetto della piattaforma che li tenga attaccati». Non solo, «Hanno anche una probabilità maggiore di restare sui social invece che spegnere il dispositivo. Ad una maggiore frequenza d’uso corrisponde un maggior ricorso allo switch verso altri social e, probabilmente, lo sviluppo di dipendenza».
LA BATTAGLIAIl fenomeno ormai è talmente diffuso che, in Italia e nel resto del mondo, sono tantissime le iniziative nate per contrastarlo. Una delle ultime ad esempio ha visto 50 studenti tra i 18 e i 30 anni rifugiarsi in montagna abbandonando gli smartphone. Un weekend per disintossicarsi dal nome inequivocabile, Mountain social media detox, organizzato da un’associazione studentesca dell’università Milano-Bicocca in un rifugio del Monte Bondone, una manciata di chilometri dalla città di Trento. Ma sono addirittura nate le prime agenzie smartphone free che organizzano viaggi e seminari dedicati al digital detox. Tra queste c’è Into The Tribe, una piccola azienda francese che all’ingresso di ogni suo evento oppure al primo giorno di vacanza sequestra gli smartphone dei partecipanti e vi installa una app che blocca praticamente tutte le funzionalità del dispositivo, eccetto quella primaria: le telefonate.
Per quanto una dipendenza possa essere difficile da vincere infatti, con consapevolezza, motivazione e il giusto aiuto (esistono centinaia di app di questo genere che possono supportare gli utenti), la si può vincere. Per questo la soluzione suggerita da Maria Hejnar, psicologa clinica esperta di dipendenza tech, è più pragmatica che mai: basta acquistare un telefono modello super basic e riprendere il controllo della propria vita.