Il Sole 24 Ore, 1 settembre 2019
Serie A, nuovo Eldorado fiscale
Con lo sconto assicurato dal Decreto Crescita il contributo fiscale dei nuovi acquisti sarà dimezzato. Il bonus concesso, infatti, agli sportivi professionisti residenti da almeno due anni all’estero e si trasferiscono in Italia, concentrerà il prelievo tributario sul 50% dei compensi. Un incentivo (che scatterà dall’anno d’imposta 2020) per attrarre campioni in Serie A facendo risparmiare i club che di norma assicurano ingaggi netti sobbarcandosi in prima persona le imposte dei propri tesserati ma che di contro ridurrà il gettito assicurato dal calcio.
Anche per questo motivo l’originaria formulazione dell’incentivo contenuta nel Decreto Legge n. 34/2019 è stata corretta durante l’iter di conversione del provvedimento in Parlamento. Rispetto alla versione definitiva contenuta nella legge n. 58/2019, in vigore dal 30 giugno 2019, l’agevolazione applicabile anche agli sportivi che trasferiscono la residenza fiscale in Italia era inizialmente ancora più ampia: le imposte si sarebbero dovute pagare solo sul 30% dell’ingaggio e addirittura solo sul 10% nelle regioni meridionali.
Non solo «legge Beckham»
Con il Decreto Crescita per gli sportivi professionisti si crea una situazione simile a quella del regime agevolativo degli impatriati applicato in Spagna dal 2005 al 2010 con la “legge Beckham” che prevedeva un’aliquota ridotta al 24 per cento. L’aliquota effettiva praticata in Italia per almeno cinque anni si attesta infatti su questi livelli e fa della Serie A il campionato fiscalmente più favorevole al mondo. Almeno tra quelli di maggiore caratura. Le aliquote fissate nei principali paesi europei infatti (Spagna, Germania, Francia, Gran Bretagna) sono intorno al 45% per le fasce più alte di reddito. Aliquote più basse dell’Italia per i campioni del calcio si trovano solo in Russia (13%) e nei paesi del Golfo (come il Qatar che non contempla tassazione individuale sul lavoro). Il Brasile tassa al 27,5% i redditi più elevati.
L’attrattività fiscale della Serie A, peraltro, si estende anche ai redditi prodotti all’estero per chi viene a giocare nella Penisola. Grazie alla norma sui nuovi residenti fiscali del Belpaese, introdotta dalla legge di Stabilità del 2017 (articolo 24-bis Tuir), sui proventi esteri derivanti da investimenti immobiliari, dividenti e capital gain, si potrà pagare solo 100mila euro di tasse all’anno. L’opzione per il pagamento dell’imposta fissa pari a 100mila euro, che sostituisce tutte le imposte applicabili sui redditi di fonte estera, come nel caso di Cristiano Ronaldo, vale per coloro che non sono stati residenti in Italia per almeno nove dei dieci periodi d’imposta antecedenti a quello della scelta e si estende come beneficio fino a 15 anni.
Il “combinato disposto” delle due agevolazioni rende il campionato tricolore una sorta di “eldorado fiscale” soprattutto per i cosiddetti top player che a lauti ingaggi aggiungono i profumati guadagni provenienti dallo sfruttamento di diritti d’immagine ovvero da investimenti di vario tipo oltreconfine.
Il contributo del calcio
Ma quanto versa il calcio professionistico all’Erario? Nell’ultima edizione del Reportcalcio di Figc, PwC e Arel si stima un gettito (riferito al 2016) complessivo di 914 milioni. A ciò va sommato il contributo previdenziale all’Inps pari a circa 137 milioni e la quota derivante dalle scommesse sportive (altri 132 milioni).
Il contributo fiscale per le società di calcio professionistico peraltro va a finanziare per circa due terzi tutto lo sport italiano. I proventi per il resto del comparto sportivo (circa 50mila club o società di gestione di impianti) infatti raggiungono i 395 milioni (sempre con riferimento all’anno 2016). Da queste entrate totali – 1,3 miliardi – la legge di Stabilità per il 2019 che ha riscritto i perimetri di compentenze tra il Coni e la newco Sport e Salute, attinge appunto per sostenere questi due enti e di conseguenza tutta la filiera dello sport tricolore (precisamente con il 32% del prelievo, quota che per il 2019 ammonta a 468 milioni).
La parte principale di tassazione è costituita dalle ritenute Irpef sugli ingaggi (591 milioni nel 2016), mentre l’Iva assicura un gettito di 246 milioni, l’Irap di 63 milioni e l’Ires di 14 milioni (considerando le perdite di bilancio quasi strutturali per molti club).
In realtà, il reddito generato dal calcio professionisti nel 2016 ha oltrepassato il miliardo e mezzo di euro: per la precisione 1.452 milioni da lavoro dipendente e 55 milioni da lavoro autonomo e provvigioni.
Nell’ottica dell’Inps (qui il dato più aggiornato risale al 2017) gli sportivi professionisti (atleti o altre figure tecniche) sono in totale 7449. Nel calcio lavorano 3790 atleti e 3070 tecnici. Ben 368 hanno un reddito annuale imponibile ai fini previdenziali superiore ai 700mila euro. La maggior parte si colloca invece tra i 10mila e i 50mila euro di stipendio annuo (1.433) e nella fascia 100mila/700mila (905). È curioso come oltre i 700mila euro ci siano 55 tecnici del settore calcio e soltanto 2 atleti professionisti di altri sport (la legge sul professionismo sportivo la n. 91 del 1981 riguarda, oltre al calcio, il ciclismo, la pallacanestro e il golf).
Le scommesse sportive
Infine per quanto concerne le scommesse sportive, il Reportcalcio certifica nel 2018 una raccolta per il calcio pari a 9,1 miliardi con un gettito erariale pari a 211 milioni. Sulla sola Serie A si sono riversate puntate per 1,4 miliardi, con un effetto tributario pari a 33,3 milioni,mentre sulle partite di Serie B si sono scommessi 404 milioni. Nel 2017 invece il contributo fiscale del betting è stato di 192 milioni.