Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  settembre 01 Domenica calendario

Ritratto di Francesco D’Uva

Miracoli del M5s. Francesco D’Uva da Messina, Ciccio per gli amici, descritto dai conoscenti come un «ragazzone timido e idealista» è diventato, da capogruppo grillino alla Camera, un personaggio chiave nella difficile trattativa per il governo con il Pd, in odore di ministero alla soglia dei 32 anni. Ma non solo. Il giovane messinese, nelle giornate di vertici e consultazioni, inseguimenti mediatici e dichiarazioni strappate all’ombra dei Palazzi romani, è assurto anche a piccola star del web. Il motivo? La sua somiglianza con il personaggio del «Professore» della famosa serie Netflix ambientata in Spagna «La Casa de Papel», la «Casa di Carta» per i fan italiani. E sono stati proprio loro, facendo zapping tra un programma pomeridiano e le trasmissioni politiche, a notare il dettaglio. Sono bastati la barba incolta, gli occhiali e l’espressione inflessibile a scatenare il tormentone: «Ma vi siete accorti che Di Maio ha arruolato il Professore (rigorosamente con la maiuscola) nel suo entourage?». Non sono mancati nemmeno gli apprezzamenti del pubblico femminile per la prestanza di Ciccio. Diventato una piccola celebrità della politica pop per la supposta somiglianza con il protagonista della serie, capo della banda di ladri decisa a rapinare la zecca di Spagna.
D’Uva, però, è tutto il contrario. Nessun proposito eclatante o eversivo, anzi, moderazione e diplomazia per frenare le mattane dei protagonisti della crisi più pazza del mondo. Se Di Maio accende la miccia per provocare i quasi alleati dem, lui si affretta a spegnere i fuochi: «Andiamo avanti, il nostro unico tavolo è con il Pd». Equilibrato pure di fronte all’outing destabilizzante del pari grado del Senato Stefano Patuanelli, che venerdì aveva detto, a giochi ormai fatti, che il governo giallorosso non era cosa poi così scontata. D’Uva ha sfoderato il sorriso timido e bonario, che a quanto pare lo contraddistingue, nel tavolo insieme ad alcuni dei nemici di sempre: Andrea Marcucci, Paola De Micheli, Graziano Delrio. Alla Camera i colleghi lo descrivono «educato, tranquillo, disponibile, umile». Soprattutto durante la scorsa legislatura, quando era passato totalmente inosservato: «Quando Di Maio lo ha nominato capogruppo in molti sono sobbalzati sulla sedia, non lo conosceva nessuno». Nicola Biondo, giornalista, ex capo comunicazione del M5s a Montecitorio e autore dei libri sul Movimento Supernova e Il Sistema Casaleggio ricorda un aneddoto rivelatore sui primi passi parlamentari di Ciccio D’Uva: «Un bravo ragazzo, era uno di quelli che mi diceva se qualcuno mi avesse detto che era così, non ci avrei mai creduto». Candore da principiante, prima di diventare capo del gruppo più numeroso del Parlamento.
Poi c’è la Sicilia, tra Messina e Capo d’Orlando, dove ha cominciato la militanza. «Lo ricordo giovane e idealista», dice chi lo ha conosciuto. Quindi la famiglia, il nonno avvocato Nino D’Uva ucciso dalla criminalità nel 1986, un anno prima della nascita di Ciccio. La laurea in Chimica con lode, le esperienze con i giovani del Rotary Club di Messina, che fecero storcere il naso ai grillini duri e puri. E ora il sogno di un ministero giallorosso.