Il Sole 24 Ore, 1 settembre 2019
L’importanza del 1919
All’alba del 1° settembre 1939, l’esercito tedesco aggredì la Polonia. Francia e Gran Bretagna dichiararono guerra alla Germania. Era trascorso poco più di un ventennio dalla fine della Grande Guerra. I contemporanei considerarono il Secondo conflitto mondiale la conseguenza inevitabile del primo. Ancor più dopo il 1945, questa tesi fu sostenuta dagli storici che attribuivano al trattato di Versailles la responsabilità di aver posto, nel 1919, le condizioni per far esplodere un nuovo conflitto nel 1939, provocato da Adolf Hitler col pretesto di vendicare la durissima e umiliante «pace cartaginese», imposta alla Germania venti anni prima dai vincitori.
Nel centenario del 1919, la pubblicistica ha rilanciato la tesi della connessione inevitabile fra le due guerre mondiali, attribuendo la responsabilità ai governanti di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, perché non seppero, oppure non vollero, realizzare un nuovo e più giusto ordine mondiale. Inoltre, nel centenario del 1919, è apparsa irresistibile a molti commentatori la tentazione di paragonare la situazione europea nel primo ventennio del Terzo millennio, all’Europa di cento anni fa, riscontrando molte analogie, fino ad avventurarsi in fosche previsioni su quel che potrebbe accadere dopo il 2019, in analogia con quanto avvenne dopo il 1919.
«La storia non si ripete», avverte lo storico tedesco Eckart Conze a conclusione del suo studio sulla conferenza di Parigi. Ma aggiunge subito: «i parallelismi ci sono eccome, ed è davvero impossibile non vederli». Attraverso una densa analisi storica, che inizia con gli ultimi due anni della Grande Guerra, si svolge ampiamente attraverso le vicende della conferenza della pace, per poi percorrere rapidamente il ventennio fino alla Seconda guerra mondiale, Conze evoca continuamente quella che potremmo definire l’«attualità di Versailles», considerando la conferenza di Parigi «un evento dal carattere globale, per l’ambito del suo intervento e per le ripercussioni ad ampio raggio che ha avuto e si protraggono fino a oggi.(…) Versailles non appartiene a un passato remoto, concluso, ma a un passato ancora attuale». E pertanto, attribuisce un intento pedagogico al suo libro, che vuol «presentare tutto ciò che Versailles può ancora insegnarci – o può insegnarci di nuovo – a distanza di un secolo».
Come «parallelismi» fra il mondo di Versailles e il mondo attuale, lo storico tedesco cita la rinascita di rivalità nazionali all’interno dell’Unione europea, la nuova esplosione dei nazionalismi etnici nell’Europa orientale, il perenne conflitto arabo-israeliano, le ambizioni neoimperialiste della Russia di Putin, della Cina di Xi Jinping, della Turchia di Erdo?an. Conze avrebbe potuto aggiungere, forse con maggior pertinenza, Os?ma Bin L?den, che attribuì l’attentato terroristico dell’11 settembre alla volontà di vendicare l’umiliazione inflitta agli arabi e all’Islam dall’imperialismo cristiano occidentale ottanta anni prima. Fra le matrici di queste situazioni attuali si può indicare la grande delusione provata nel 1919 da arabi, indiani, egiziani, turchi, coreani, vietnamiti, africani, che si videro esclusi dal diritto all’autodeterminazione, solennemente proclamato da Wilson e condiviso, pur con molte riserve, dagli altri artefici della pace, ma nei fatti negato a gran parte dei popoli non bianchi. I Quattro Grandi rifiutarono persino di inserire nel trattato di pace il principio dell’eguaglianza fra le razze, chiesto da un altro vincitore, il Giappone; al quale però concessero di consolidare la sua egemonia sulla Cina e il possesso della Corea. Anche la Cina fu umiliata. E un giovane nazionalista cinese, Mao Zedong, giurò vendetta.
Per comprendere il mondo attuale è certamente indispensabile conoscere gli eventi della storia, che maggiormente hanno contribuito alla sua formazione. E non vi è dubbio che sia stata la Grande Guerra, prima ancora di Versailles, a produrre una nuova situazione europea e mondiale, che dopo un secolo fa sentire ancora i suoi effetti nel mondo contemporaneo. Il crollo degli imperi autocratici multietnici, da cui ebbero origine i nuovi Stati dell’Europa orientale e del Medio Oriente, avvenne molto prima di Versailles. La conferenza della pace non fece che legittimare la loro esistenza. L’imposizione di una pace dura e umiliante alla Germania da parte dei vincitori certamente suscitò una rabbiosa volontà di rivincita nei nazionalisti tedeschi. La negazione dell’indipendenza ai popoli assoggettati all’imperialismo innescò fin dal 1919 la loro lotta contro il colonialismo e l’imperialismo.
In tutti gli eventi successivi alla pace di Parigi, fin dal 1919 i critici più severi hanno trovato motivo per accusare i vincitori di aver seminato nuovi conflitti e nuove guerre. Questa tesi è stata confutata con documenti e argomenti sostanziali da vari storici. Ad essi, si aggiunge Conze. Il quale, in effetti, al di là dei «parallelismi», col suo libro ha voluto «rendere giustizia alle intenzioni più autentiche che animarono i negoziati parigini», considerando la conferenza della pace del 1919 «come lo snodo di una situazione storica aperta a molteplici esiti». E pertanto nega che il fallimento della Repubblica di Weimar, l’ascesa del nazismo, la Seconda guerra mondiale fossero inevitabile conseguenza di Versailles. Così come confuta la tesi della «pace cartaginese», che è stata fin dal 1919 il cavallo di battaglia dei critici del trattato di Versailles: non fu «una “pace cartaginese”», afferma decisamente Conze, perché Cartagine fu rasa al suolo, mentre la Germania, nonostante le durissime imposizioni e mutilazioni, «restava ancora non solo uno Stato, ma una potenza europea – del tutto diversamente dal 1945».
Una verità storica così chiaramente espressa rende superflui i «parallelismi», che appartengono al regno dell’opinabile. Oltretutto insistere, come fa Conze, sulle «linee storiche che conducono dagli anni di Versailles sino ai giorni nostri», potrebbe ridar credito alla tesi accusatoria rivolta agli artefici della pace del 1919, rendendoli nuovamente responsabili di tutto quanto è avvenuto nei successivi venti anni, o addirittura nei successivi cento anni. Un lunga frequentazione della storia e una altrettanto lunga esperienza dell’attualità, ci rendono dubbiosi su quanto possa effettivamente insegnarci «di nuovo» tutto ciò che avvenne in Europa e nel resto del mondo dopo le decisioni prese a Versailles cento anni fa.