Corriere della Sera, 1 settembre 2019
Burning man ormai è la festa dei ricchi
Leggenda vuole che in questi giorni parcheggiare e trovare posto al ristorante sia più facile del solito a San Francisco. La città infatti vede una buona fetta di imprenditori e nerd dell’hi-tech lasciare la routine urbana per fare follie nel mezzo del deserto del Nevada.
Mostre d’arte, spettacoli, corse in bici, droghe (tante), falò (tantissimi, fino a quello finale del pupazzo di legno che dà il nome all’happening). Il festival del Burning man – nato dall’idea di un gruppetto di amici su una spiaggia di Frisco nell’ormai lontano 1986 – si tiene ogni anno nel Black Rock desert nei nove giorni a cavallo del weekend del Labor day, il primo lunedì di settembre, che negli Stati Uniti segna la fine delle vacanze. Ogni anno che passa diventa più grande – 80mila partecipanti quest’anno, la città che si monta e smonta tra l’inizio e la fine si può vedere dallo spazio – e sempre più lontano dallo spirito dei fondatori.
Uno dei dieci principi che governano la comunità dei «burners» come vengono chiamati, è la libera espressione di sé (non c’è una scaletta di concerti e spettacoli ma ognuno può esibirsi per gli altri) e soprattutto la «de-mercificazione», ossia non esiste nessuna transazione finanziaria dentro i confini del campo, e tutti devono portarsi un ricovero, cibo e ogni genere di prodotto da casa, o dall’ultimo negozio lungo la strada ad Empire. Quest’anno secondo il proprietario, Dana Sparkes, pare vadano molto l’acqua al cocco e il kombucha (un tè fermentato), mentre le patatine non passano mai di moda. Ma a dispetto dell’afflato libertario (nessun governo, nessun brand) negli anni il Burning man è diventato miele per gli influencer che postano taggando i marchi indossati e, soprattutto, è sempre più un capriccio per ricchi. Il biglietto costa circa 500 dollari, poi c’è il viaggio fino a questa zona sperduta del deserto: in media si spendono tra i mille e i 2500 dollari. Un parziale censimento dei partecipanti rivela che il reddito medio è di 64.700 dollari, ma più della metà ne guadagna oltre centomila l’anno e il dieci per cento dai trecentomila in su.
Del resto negli anni al Burning Man sono passati il capo di Tesla Elon Musk, quello di Amazon Jeff Bezos, Larry Page e Sergey Brin di Google e anche il poco socievole fondatore di Facebook Mark Zuckerberg, che una volta è atterrato in elicottero per un solo giorno per servire panini al formaggio.
Esiste una vera e propria «billionaire row», una zona dei milionari che si portano cuochi e guardie del corpo e personale che monta per loro yurte con l’aria condizionata nel deserto. Altro che «inclusione radicale», come recita uno dei principi fondanti della comunità. Il livello di ricchezza non è l’unica discriminante: circa il 59 per cento dei partecipanti è di sesso maschile, e gli afroamericani sono appena l’1 per cento del totale.