il Fatto Quotidiano, 31 agosto 2019
Il 30 teoremaico di Nanni Delbecchi
Ringrazio il professor Ernesto Galli della Loggia per l’attenzione riservata al mio racconto a sfondo universitario uscito sul Fatto: “Mi pare indicare più di mille analisi raffinate perché l’Italia si trova nelle condizioni in cui si trova”, ovvero “le radici di tanto conformismo e impreparazione”(così il Corriere della Sera di ieri). TROPPO ONORE, di fronte a cui qualche precisazione è d’obbligo. Innanzitutto, quello che il professor GDL definisce “il ricordo di un mio lontano esame” è, appunto, un racconto. Che come ogni racconto parte dai ricordi ma li trasforma, nella fattispecie in chiave dichiaratamente umoristica. Così attento a estrapolare con la penna rossa le parole e le battute del testo, il professor GDL ne omette la premessa fondante. Cos’è il testo senza il contesto? opportunismo, intelligenza e cialtroneria. A FIRENZE, alla fine degli anni 70 eccellente piazza di formazione, c’erano molti galli nel pollaio né mancavano le galline; coesistevano menti situazioniste come Pio Baldelli, onnipotenti cattedratici (le cui inscalfibili baronie a me paiono il vero cancro della nostra Università, non trova, professore?), maestri di conformismo per i quali era importante la preparazione, ma più ancora la conformità di quella preparazione alle loro idee, e innovatori puri come il mai abbastanza rimpianto professor Ludovico Zorzi, con cui mi sono laureato nel 1982, con una tesi sul teatro di Italo Svevo. A proposito di Svevo, vorrei far presente al prof GDL che l’ironia può essere il motore primo di un racconto. Da parte mia, nessun “compiacimento”, né “divertita nostalgia” verso quell’Università. Solo una narrazione ironica di come eravamo, e di come abbiamo imparato a non essere più (o almeno, ci abbiamo provato). Ma certo, l’ironia è peggio del coraggio di don Abbondio: se non ce l’hai non solo non te la puoi dare, ma non riesci nemmeno a vederla negli altri. Il professor GDL si domanda quale lezione il professor Baldelli ci avrebbe impartito; provo a spiegarlo senza ironia e fuori dalle iperboli umoristiche. Baldelli capì al volo il nostro pensarci scaltri essendo ingenui, la convinzione di affrontare un esame “politico” senza troppa fatica, di mietere una facile promozione e di far colpo sulle ragazze. In tre mosse ci dimostrò che non era così, ci mise di fronte alla possibilità di fallire l’esame e perdere la faccia. Dovemmo prendere atto che la prova collettiva non era una presa in giro, anzi, poteva essere più insidiosa da superare delle altre. Ci fece vergognare di noi ma non volle infierire, e questo rese più forte la vergogna. La lezione fu di vita. Nel corso dei miei studi alcuni professori mi hanno lodato, altri mi hanno bocciato, ma solo Pio Baldelli mi ha fatto vergognare di me stesso, e l’ha fatto con il sorriso, non con la matita rossa. Professor Galli della Loggia, l’ironia sta diventando una specie in via di estinzione, non passa giorno senza che qualcosa che aspira all’umoristico venga preso per serio e viceversa. È toccato anche al mio racconto, a fronte della sua garbata interpretazione. Ma, ora che ci penso, un’altra lezione impartita da Pio Baldelli è stata di non prendersi mai troppo sul serio, né da studenti, né da professori. Se in un Paese come il nostro, in un periodo come questo, si estingue il senso dell’ironia, cosa ci salverà, chi ci promuoverà? © RIPRODUZIONE RISERVATA