il Giornale, 31 agosto 2019
Le Volkswagen al Quirinale
VANITYX
Il premier incaricato ha utilizzato per il breve percorso che separa Palazzo Chigi dal Quirinale, due fiammanti berline Volkswagen. Una di esse lo attendeva nello stupendo cortile del Quirinale. Si tratta chiaramente di un dettaglio, in quella che sembra la crisi più pazza del mondo. Ma ci permette di fare tre considerazioni di contorno, a nostro avviso significative di un certo modo di pensare.La prima riguarda questa strana idea di sovranismo, che circola oggi in Italia. Qualcuno può immaginare la signora Merkel presentarsi in Parlamento con una berlina francese, o al contrario è immaginabile l’europeista Macron salire su un’automobile tedesca? In un Paese che è la seconda economia industriale d’Europa, l’ottava economia mondiale, il suo massimo rappresentante dovrebbe avere l’orgoglio di girare su auto italiane. Non perché sia per il made in italy first, ma perché è pagato dagli italiani, li rappresenta, ha una certa scelta di modelli da acquistare (...)
(...) e prima di tutto è ambasciatore del nostro made in Italy nel mondo. Nessun dazio, nessuna barriera all’entrata, ma comprare o affittare un’auto tedesca a Palazzo Chigi è uno scempio.
Una seconda considerazione, più polemica, riguarda la concreta scelta che Palazzo Chigi avrebbe potuto fare: adottare una bella Maserati. Fabbrica di eccellenza, in Italia, di un’azienda che prima era tutta italiana e oggi, diciamo così, è globale. La Maserati è puro made in Italy, ma viene considerata di lusso.
Ecco, in questa gigantesca bolla di ipocrisia non vorremmo che la scelta non sia caduta sulla Maserati perché troppo vistosa. Sarebbe perfettamente in linea con quella stucchevole retorica dell’avvocato degli italiani che prima smonta l’airbus di Renzi denunciandone il costo, e poi ritorna al governo grazie al medesimo Renzi.
C’è un terza ipotesi. C’è stata una gara pubblica, magari di evidenza europea, per la quale macchine di una tot cilindrata e di rappresentanza sono state assegnate alla ditta tedesca. L’altro incubo di questo Stato regolatore, che imbriglia chiunque in una giungla di regole europee e pubbliche, alle quali anche il presidente del Consiglio si deve sottoporre.
Come vedete può sembrare un aspetto marginale, ma le Volkswagen a Palazzo Chigi raccontano le contraddizioni di questa Italia che flirta con il sovranismo e si definisce populista.
Nicola Porro