La Stampa, 31 agosto 2019
Le trecce delle indiane offerte a Visnù
E’ iniziata una nuova era delle extension. Capelli veri per tutti i giorni, al mare come al lavoro. Non più solo teste da occasione per red carpet e simili. Non più chiome lunghissime, dopo aver esibito tre giorni prima un corto (alle celebs succede, basta guardare le foto di Beyoncè, Lady Gaga, Naomi Campbell, Kendall Jenner). Extension per arricchire un semplice caschetto, dare volume a una pettinatura, valorizzare un taglio, migliorare l’autostima (sì, i capelli contano, lo diceva anche Coco Chanel).
Ma sarebbe una delle tante altalene del mondo beauty se questa storia non avesse un aspetto speciale, al punto da essere entrata nel romanzo della regista e sceneggiatrice Laetitia Colombani, «La treccia», (Editrice Nord) caso editoriale del 2018. Great Lengths, azienda italiana fondata negli Anni ’30, presente in cinquanta nazioni, piuttosto nota per aver brevettato un sistema di applicazione alla cheratina ( la ciocca in più è invisibile, saldata alle altre, molto naturale: siamo nel segmento del lusso) acquista le trecce in India, dove vengono offerte a Visnù, divinità dalle quattro braccia.
Il mito
Si racconta che l’angelo Nila Devi offrì una ciocca dei suoi capelli al dio, che li aveva persi in battaglia. Un gesto talmente gradito, che Visnù decise di esaudire i desideri di chiunque gli avesse fatto lo stesso dono.
Ogni giorno, migliaia di donne (ma anche uomini) si fanno rasare la testa pregando per una vita migliore, una guarigione, un abbondante raccolto o un buon matrimonio. I ricchi offrono gioielli o frutta, i poveri i capelli. Le ciocche, vendute all’asta e spedite all’estero, permettono al santuario di sopravvivere e dare sostegno alla comunità. Viaggiano, si trasformano in parrucche, o appunto, in extension dopo essere state selezionate, lavate, decolorate, trattate, tinte. A quel punto l’India è lontana, siamo in Occidente e spesso nello star system.
Il giro d’affari vale 250 milioni di dollari l’anno, l’India esporta 2000 tonnellate di capelli all’anno e sull’offerta mistica non mancano gli speculatori (purtroppo).
Il romanzo
«La treccia», oggi uscito anche in una bella versione illustrata per ragazzi da Salani(con i disegni di Clemence Pollet) segue il filo che porta la piccola Lalita e la madre Smita, intoccabili, in fuga dal sistema delle caste, nel santuario di Visnù a Venkateswara, nei pressi di Tirupati, (Andhra Pradesh) il tempio più ricco di tutta l’India, visitato da 20 milioni di pellegrini l’anno, dove barbieri vestiti di bianco lavorano giorno e notte nelle Kalyankattan,luoghi della felicità.
La sua treccia farà il giro del mondo, arriverà a Palermo, diventerà una parrucca che poi finirà sulla testa di una donna francese in chemioterapia. «La storia di questi capelli, di Smita che li ha offerti al suo dio; di Giulia che li ha visti nell’azienda di famiglia; di Sarah, che li ha indossati, sono lontanissime», dice Colombani, «eppure ciascuna di loro è una combattente. I capelli sono, in qualche modo, il loro simbolico riscatto. Un futuro migliore per Smita, un lavoro nuovo per Giulia, una speranza per Sarah».
Il trend
I temple hair di Great Lengths sono famosi. Rendono perfette le teste di Jennifer Lopez, Cameron, Diaz, Celine Dion, Paris Hilton. Oggi le donne che contano devono trasmettere sicurezza anche con lo styling che segue una regola non scritta. Deve essere morbido e voluminoso. La parola d’ordine è power hair. Prendiamo Brigitte Macron: spende 5.200 euro al mese: il suo caschetto biondissimo, vaporoso arricchito da extension è proporzionale, secondo il Telegraph al «volume» del suo potere. Prendiamo Melania Trump. Sfida uragani e deserti con il suo lungo morbidamente strutturato, bombato alle radici. Merito dell’israeliano Mordechai Alvow che arriva dal mondo della musica rock. Kate Middleton per il suo scalato si affida a Rossano Ferretti. Sappiamo che ama le extension. Sappiamo dal backstage di un viaggio in Svezia, che parte con tredici spazzole, tre coppie di bigodini, due asciugacapelli, un ferro, crema da styling, lacca. E ora sappiamo che per avere successo, anche senza essere duchesse o first lady una bella testa è indispensabile.