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 2019  agosto 31 Sabato calendario

Così si spostano le capitali del mondo

A volte lo decide un astrologo, preoccupato da un attacco militare, oppure lo si fa per equanimità geografica, etnica e politica. A volte è per colpa del traffico, per incentivare lo sviluppo, evitare il rischio di terremoti e alluvioni, o per le fisime di un narcisista. Sono tanti i motivi per decidere di spostare la capitale di una nazione da una metropoli a una nuova città. Ma la cronaca di un trasloco annunciato che arriva dall’Indonesia sembra avere ottime giustificazioni.
Questa settimana il presidente Joko Widodo ha confermato ufficialmente il progetto di sbaraccare ministeri e uffici governativi che affollano Giacarta, popolazione 10 milioni, zona metropolitana 30 milioni, per trasferire tutti nel Kalimantan Orientale. Costo 30 miliardi di euro. Così, nel 2024 la capitale sarà sull’Isola del Borneo, divisa tra Brunei, Indonesia e Malesia, famosa per gli oranghi in via d’estinzione a causa delle foreste abbattute per le piantagioni di palme da olio. Difatti, si prevede che il 95 per cento del nord di Giacarta verrà sommerso entro il 2050, mentre due quinti della città si trovano già sotto il livello del mare. Alcuni quartieri sprofondano a un tasso di 20 cm l’anno. I 260 milioni di abitanti dell’isola più popolata al mondo, Giava, dove si trova Giacarta, sono in un crocevia di terremoti, eruzioni vulcaniche e tsunami. Meglio, quindi, la foresta con gli oranghi.
Non è una novità che le capitali traslochino. L’Italia ebbe come capitale Torino, prima di trasferire i ministeri per sei anni a Firenze ed approdare a Roma. L’Australia nel 1913 scelse di creare Canberra, ispirandosi alla moda delle città-giardino. Nel 1712, la Russia spostò la capitale a San Pietroburgo, per riportarla a Mosca dopo la Rivoluzione d’Ottobre nel 1918. La stessa Washington D.C. nasce dal famoso L’Enfant Plan, planimetria sviluppata per l’omonimo presidente nel 1791.
L’astrologia e i birmani
Ma esistono esempi ben più recenti in tutto il mondo. Tra i più ameni c’è forse Myanmar, ex Birmania, i cui leader militari nel 2005 trasferirono la capitale da Rangoon (oggi Yangon) a Naypyidaw, anche detta «la città fantasma» per via delle autostrade a 20 corsie per lo più deserte. Secondo molti birmani il trasloco fu innescato dall’allarme di un astrologo di un possibile attacco straniero imminente.
Fino al mese scorso, l’ex stato del Jammu e Kashmir trasferiva la capitale ogni anno a seconda delle stagioni: Srinagar d’estate, Jammu d’inverno. Il Pakistan cambiò la capitale dall’antica Karachi alla nuova Islamabad nel 1959. Il Kazakhstan nel 1997 inaugurò Astana come nuova capitale, lasciandosi alle spalle Almaty, che resta il centro commerciale più importante. Il presidente egiziano al-Sisi ha deciso di costruire una nuova capitale a 45 km dai 24 milioni di abitanti del Cairo ed ha già inaugurato cattedrali e moschee in quella che, per ora, ha un nome un po’ bigio: Nuova Capitale Amministrativa.
Il flop della Tanzania
L’Africa conta un buon elenco di nazioni che hanno deciso di iniziare da zero con una nuova capitale. Famosissimo il trasloco da Lagos ad Abuja nel 1991 in Nigeria, causato da una preoccupante mancanza di pianificazione della metropoli nata nel 1914. Il terreno fu individuato perché nessun gruppo etnico poteva accamparvi diritti, diminuendo il rischio di battaglie e litigi. La metropoli più grande della Costa d’Avorio è Abidjan, ma negli anni Sessanta il leader post-indipendenza Felix Houphouet-Boigny annunciò il progetto di trasferirla nella sua città natale. E Yamoussoukro divenne capitale nel 1983. In Tanzania, invece, la capitale Dodoma fu completata nel 1980 da un architetto americano. Non fu un successo. Il parlamento vi si riunisce, ma i ministeri e le ambasciate restano nella vecchia Dar es Salaam. Nel Benin la situazione resta ambigua. Porto-Novo è la capitale ufficiale, ma Cotonou, tre volte più grande e vero centro economico, è la capitale de facto dove si trovano la maggior parte dei servizi governativi. Per non essere da meno, il Sud Africa ha tre capitali: Pretoria, per l’amministrazione, Bloemfontein, per il potere giudiziario, e Città del Capo, capitale legislativa.
Niemeyer e Brasilia
In Bolivia si scatenò pure una guerra civile, alla fine del diciannovesimo secolo, tra chi voleva che la capitale restasse a Sucre e chi tifava per La Paz. Il compromesso fu che nella prima restasse il potere giudiziario e costituzionale e nella seconda si spostasse l’amministrazione. La neo-capitale più famosa dagli anni Cinquanta ad oggi resta Brasilia, che rimpiazzò Rio de Janeiro. La capitale del Brasile è forse uno degli esperimenti architettonici dell’ultimo secolo più interessanti e porta la firma del leggendario Oscar Niemeyer. Ma si trova in mezzo al nulla, nel cuore dell’Amazzonia, un’isola di cemento assediata dalla foresta.