Avvenire, 31 agosto 2019
Oppioidi, l’Italia in allerta
È almeno 50 volte più potente dell’eroina pura e addirittura mille volte più della morfina. Il fentanyl è talmente pericoloso da rendere necessari mascherina e guanti anche solo per maneggiarlo: a volte, ne basta un granello per uccidere. Se ne parla anche in Italia, soprattutto dopo la morte dello chef lombardo Andrea Zamperoni, ucciso da una dose letale ceduta da una prostituta a New York. I dati che provengono dagli Usa preoccupano l’opinione pubblica, ma il fenomeno, almeno per ora, nel nostro Paese non è allarmante.
Con il termine fentanyl in realtà non si intende un singolo elemento, ma un’intera famiglia di sostanze chimiche, quella dei fentanili. Alcuni sono usati da molti anni (e con grande efficacia) per il trattamento del dolore e come anestesia per le operazioni chirurgiche, mentre altri vengono fabbricati in laboratori illegali come sostanze d’abuso. Nel 2017, negli Usa ci sono state 47.000 morti per overdose di oppioidi. Di queste, poco più della metà sono probabilmente dovute all’utilizzo di sostanze come droga “da sballo”, mentre le altre sono state causate dall’abuso di farmaci antidolorifici. Ecco perchè il problema richiede strategie innovative per essere risolto: «La diffusione degli oppioidi sintetici – spiega Bryce Pardo, autore di una diffusa ricerca sul fenomeno – è in gran parte guidata dalle decisioni dei fornitori. La maggior parte delle persone che usano oppioidi non chiede il fentanyl e preferirebbe evitare l’esposizione a questo farmaco». Pochi giorni fa, un giudice dell’Oklahoma ha condannato la Johnson & Johnson a pagare 572 milioni di dollari, in quanto considerata responsabile della diffusione incontrollata di oppiodi a partire dalla fine degli anni ’90. Una sentenza che terrorizza le case farmaceutiche di tutto il mondo: «La crisi degli oppiacei ha devastato lo stato dell’Oklahoma e deve essere immediatamente stroncata», ha detto il giudice.
In Italia, la situazione è molto diversa. Anche per le enormi differenze nell’organizzazione del sistema sanitario, è impossibile che si riproponga lo stesso dramma. «I farmaci prescritti – spiega il tossicologo Carlo Locatelli, direttore del Centro Antiveleni Maugeri di Pavia – devono seguire i protocolli di precisi piani teraputici, controllati dalle Asl. Vengono predisposti costantemente controlli e verifiche, in modo particolare per sostanze così potenti
e in grado di creare dipendenze ». I fentanili, almeno per ora, non sono troppo diffusi neppure come sostanze d’abuso. Si sono già verificati almeno due decessi e ne sono state sequestrate piccolissime quantità nei mesi scorsi, ma non vengono comunque “richiesti” dal mercato. «Il dato è molto basso – aggiunge Locatelli – e non possiamo parlare di allarme. Sono ben più diffusi cannabinoidi e catinoni, più maneggevoli e ordinabili con grande semplicità su Internet. Va segnalato che anche altri oppioidi molto potenti, inventati piu di trent’anni fa, stanno tornando sul mercato, perchè i consumatori continuano a voler sperimentare nuove molecole. E poi è ormai facilissimo trovar eroina con una quantità di principio attivo che supera di dieci volte quella tradizionale. La domanda cresce e il mercato è sempre pronto a soddisfarla. Per questo non bisogna mai abbassare la guardia».
E in alcune zone stanno già portandosi avanti. La Regione Emilia Romagna, insieme all’Azienda Usl di Bologna, ha messo a punto un kit di autoanalisi per verificare la presenza di fentanyl nell’eroina, con una piattaforma online che permetterà di creare una rete di segnalazione e monitoraggio, per mappare la diffusione sul territorio. Massima attenzione anche a Roma. Spiega Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, l’agenzia nazionale di Croce rossa italiana per le tossicodipendenze: «Da gennaio scorso, attraverso l’unità di strada che opera a Roma a Tor Bella Monaca e stazione Termini, dopo ogni intervento in overdose effettuiamo un test per verificare se il paziente si è iniettato l’eroina sintetica. Fino ad oggi zero casi, ma il monitoraggio proseguirà perché ci aspettiamo che l’oppioide arrivi anche qui».