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 2019  agosto 31 Sabato calendario

Il libro di Monica Guerritore sul primo femminicidio

Sono le 15.40 del 2 marzo 1911. Giulia Trigona, nobildonna palermitana discendente della famiglia Cutò, dama di corte della regina Elena di Savoia, moglie del conte Romualdo Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (sua sorella Beatrice aveva sposato il padre dello scrittore: all’epoca dei fatti, il futuro autore del Gattopardo aveva solo 15 anni), è appena entrata in uno squallido albergo di via Giolitti, a Roma. Lei che risiedeva in una stanza del Quirinale, si trova ora ad aggirarsi, nascosta solo da una fragile veletta, nei bassifondi della Stazione Termini. Una cameriera l’ha appena accompagnata lungo un corridoio scuro dalle pareti scrosciate, per lasciarla sola di fronte al suo destino. Dopo poche ore, la polizia apre la porta di quella stessa stanza. Ci troverà il cadavere della giovane contessa: il collo quasi staccato dal corpo, 27 coltellate inflitte selvaggiamente dall’amante che lei aveva deciso di lasciare, il tenente di cavalleria Vincenzo Paternò. È da questo drammatico fatto di cronaca, il primo caso di femminicidio del Novecento italiano che attirò l’attenzione della stampa nazionale, tanto da far diventare il processo contro Paternò un vero caso popolare, che Monica Guerritore, attrice e regista, 61 anni, ha tratto ispirazione per un libro anomalo, appassionante, scritto con immaginazione e sensibilità, da soli due giorni in libreria: Quel che so di lei – Donne prigioniere di amori straordinari.
Lei decide di non aprire quella porta. Perché?
«Sono stata tentata ma, come dice Pirandello in Così è se vi pare, si rimane sempre fuori rispetto alla questione della verità. Sono tante le domande: perché Giulia decide di fare l’amore con lui prima di essere uccisa? Lo fa per disprezzo? Cerca forse di difendersi? Ma non sono quelle le questioni che volevo approfondire. In fondo, quel che accade in quella stanza è la storia di loro due, di Giulia e di Vincenzo».
Cosa le interessava invece?
«Cercare di comprendere perché Giulia arriva lì».
Come materia investigativa, usa le figure di donne che hanno accompagnato lei, Monica, fino a questo punto del tempo: La signoria Giulia di Strindberg, La Lupa di Verga, Oriana Fallaci, Madame Bovary.
«Come tutte loro sono state i miei doppi, io divento il fantasma di Giulia, mi affianco a lei. Qualche volta lei pensa come la Signoria Giulia, in altri momenti ha le parole di Madame Bovary. Giulia Trigona rimane una donna che a un certo punto ha il coraggio di dire no a una relazione con un uomo che si stava dimostrando violento».
Perché allora va a quell’appuntamento, nonostante i consigli del suo avvocato?
«Perché lei dice: un uomo che mi ama non potrà mai farmi del male».
A lei è mai accaduto, nella sua vita, di sentire su di sé quello sguardo del lupo di cui scrive?
«Clarissa Pinkes Estes lo chiama sguardo laterale. Davanti a noi c’è l’illusione d’amore, ci sono gli uomini che si avvolgono attorno alle donne, ma lo sguardo laterale ti aiuta a percepire il pericolo. Giulia Trigona l’aveva percepito, per questo si era allontanata dal suo amante. Poi però ha preso il sopravvento la storia immaginaria. In questo senso, a me è successo spesso di illudermi. Non ho invece mai avuto la sensazione del pericolo vero».
A un certo punto, lei racconta la preparazione di Scene da un matrimonio di Bergman. Fu alla fine di quell’esperienza, che lei e Gabriele Lavia vi lasciaste. Cosa accadde?
«Accadde che la storia di Marianne e di Johan andò a confondersi con la nostra storia. Johan confessa a Marianne il suo tradimento. Cominciano le veglie notturne, il dolore senza nome. Anche io scoprii, diciamo così, degli altarini di Gabriele. Per lui non erano cose importanti, ma io buttai giù le pareti della nostra casa. Era il 1997. Adesso con Gabriele abbiamo un’affettuosa amicizia». (ndr. entrambi si sono risposati: Monica Guerritore con Roberto Zaccaria, Lavia con Federica Di Martino).
All’inizio della tragica vicenda di Giulia Trigona, c’è il tradimento del marito.
«Una lettera anonima le rivela che il marito ha una relazione con un’attrice della compagnia di Scarpetta. Il giorno dopo le muore una sorella nel terremoto di Messina. È il 1908. In soli 48 ore, le crolla il mondo. Poi conoscerà Trigona, un uomo opportunista che continuerà a chiederle soldi e a ricattarla».
Nonostante i tentativi del suo avvocato, Trigona fu condannato all’ergastolo; fu poi graziato dal re nel 1942, su consiglio di Mussolini.
«Da Vincenzo Paternò agli assassini di oggi, si tende a giustificarli affermando che avrebbero agito sull’onda di una soverchiante tempesta emotiva e passionale».
Alla fine di questo viaggio letterario, lei trova conforto tra le braccia di Sally, la protagonista di Mariti e mogli.
«Mettendo in scena la sceneggiatura di Woody Allen, nel 2016, ho trovato finalmente riposo».
Investito dalla furia del MeToo, a Woody Allen è stata negata la pubblicazione della sua autobiografia in America. Lo crede colpevole?
«Come dice Picasso, il mio daimon è nelle mie opere. Ecco, poi magari l’uomo fa schifo, ma le sue opere mandano avanti il mondo».
Dobbiamo aspettarci un film da Quel che so di lei?
«Ho scritto prima la sceneggiatura del libro, ma non vorrei essere io a dirigerlo».