Corriere della Sera, 30 agosto 2019
Intervista a Charles Leclerc. Ha una fidanzata italiana e una bella macchina
L’abbronzatura giusta, né poca né troppa: pure al ritorno dalle vacanze tutto appare elegante e misurato in Charles Leclerc. Il piccolo principe della Ferrari si siede al tavolo delle interviste mangiando un gelato alla vaniglia. Il mondiale di Formula 1 riparte da questo sapore d’estate che svanisce. Il monegasco nato 21 anni fa a Montecarlo in una famiglia di tre fratelli, papà Hervé ex pilota che non c’è più, mamma Pascale parrucchiera e un amico che si chiamava Jules Bianchi, sa di essere un predestinato: è andato in ferie con un gusto dolce amaro per la prima parte della sua prima stagione in rosso. La macchina non ha finora esaltato il suo talento, errori suoi e di squadra hanno fatto il resto. È quinto (a 132 punti) in classifica generale, alle spalle del suo capitano Vettel (156). Nella foresta delle Ardenne, sotto le nuvole umide di Spa, i motori si riaccendono dopo tre settimane tra i simboli: contratto rinnovato per un anno dalla Mercedes a Valtteri Bottas, il compagno e leader Lewis Hamilton si impegna nella battaglia per il clima lanciando una catena di fast food vegana, il francese Esteban Ocon firma per la Renault, il mondiale 2020 sarà a 22 gare.
Invece per lei, Charles, cos’è successo durante la pausa estiva?
«Non molto, ho staccato quasi completamente. Sono stato in Grecia, a Mykonos, con la mia fidanzata italiana, Giada, e un po’ di amici. Poi a Los Angeles, che ho scoperto due anni fa e mi piace moltissimo».
Molto diversa da Monaco.
«Il mio è come un piccolo paese. Ci conosciamo tutti e io posso continuare a fare la vita di sempre».
Niente è cambiato nonostante la sua fama sia in continua ascesa?
«Adesso che sono in Ferrari ho una bella macchina, una 488 Pista, ovviamente rossa. Fino all’anno scorso guidavo una Alfa Romeo Stelvio. Nel Principato siamo abituati ad avere piloti e gente conosciuta, quello che è cambiato è che faccio qualche selfie in più, che mi fermano in tanti per congratularsi e augurarmi buona fortuna».
È quella che finora le è mancata?
«Anche, ma soprattutto la capacità di eliminare gli errori quando ci sono opportunità. È quello che ho capito finora, ne voglio fare tesoro. Non amo darmi voti, ma se devo proprio dico un 6.8 su 10. Per il resto della stagione voglio un 10. Sarà difficile ma io preferisco sempre puntare in alto».
Colpisce la sua forza mentale, alla sua età.
«Non è qualcosa che ho di naturale, da bambino la testa e le emozioni erano più una debolezza che un pregio. Ma ci ho lavorato tanto, da quando a 12 anni andai in Formula Medicine per allenarmi nella struttura del dottor Riccardo Ceccarelli per poi proseguire il percorso nella Ferrari Academy di Maranello. La mia è un’età bellissima, ho quasi già paura di invecchiare.
Fermerei questo momento per sempre».
Non si risparmia mai: neanche nell’autocritica.
«Sono sempre stato così, funziono soltanto se sono severo ed esigente con me stesso. Ho sempre voluto imparare, essere il miglior pilota che posso diventare».
E dentro, chi è diventato adesso Charles Leclerc?
«Sono molto più maturo rispetto all’anno scorso, in Formula 1 si cresce in fretta. Anche sulla guida e l’esperienza in gara ho fatto progressi».
Ha sempre detto di non sentire la pressione, è stato sempre vero?
«Verissimo. Solo in un momento sono stato teso: alla partenza in Bahrain dopo la mia prima pole position.
Dietro avevo Vettel e Hamilton: quando hai nomi così alle spalle ti fa sempre una certa impressione».
Considera Vettel il suo capitano?
«Sì, perché tra di noi c’è una certa differenza d’età, ma alla fine quando metto il casco Seb è un avversario come un altro, lo voglio battere. Sono consapevole che posso imparare molto da lui ma questa non può essere una scusa per farmi sconfiggere da lui. Giusto che ci sia stata all’inizio dell’anno una gerarchia tra noi, era molto chiaro, ma ora mi danno l’opportunità di dare il meglio di me: questo è molto importante, è quello che un pilota cerca in un team e io in questa squadra mi sento al mio posto».
Rimpianti?
«Baku e Ungheria, errori inaccettabili. Ho ripensato anche a Montecarlo: ma non ho rimpianti per i rischi che mi sono preso, partivo 16° dopo lo sbaglio del team in qualifica, non potevo fare altro che provarci. È sempre difficile nel Gp di casa, c’è sempre tanta gente che viene a vederti, avevo voglia di fare bene. Non è andata come volevo, ma dal lunedì ho resettato. Non oso immaginare cosa ci sarà a Monza».
Un tripudio, specie con una vittoria.
«In generale non ci penso tanto alla vittoria, preferisco raggiungere il mio livello al 100%. I risultati penso che arrivino di conseguenza».
Hamilton si è spesso complimentato con lei, cosa le ha detto?
«Nulla di particolare, ma mi ha fatto piacere. I suoi cinque titoli mondiali dimostrano che è un pilota speciale, completo, ha tutto quello che serve per stare così tanto al vertice. Ci sono piloti veloci e quelli che sanno fare un giro veloce, lui sa fare tutto».
A lei cosa manca ancora?
«L’esperienza di sicuro aiuta, adesso sto ancora in apprendistato, imparo di volta in volta qualcosa in più. La velocità credo di averla dimostrata negli ultimi gran premi, sono migliorato in qualifica dove invece avevo fatto fatica all’inizio, anche in gara penso di essere cresciuto e penso che in futuro saprò gestire meglio le gomme e tutto il week end. Le altre cose ci sono già».
La F1 è uno sport per giovani ragazzi educati o combattenti?
«È uno sport per combattere nel rispetto. Dopo la mia battaglia con Max in Austria, forse qualcosa è cambiato: ci sono state gare molto più belle con tante battaglie, che sono quello che vogliamo noi piloti e gli appassionati di motori».
Segue la battaglia di Greta per il pianeta?
«Difficile commentare, per uno che ama la Formula 1. Ma se a me piace il rumore e la velocità, credo che per il pianeta quella di Greta sia la visione giusta».