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 2019  agosto 30 Venerdì calendario

Intervista a Scarlett Johansson

Scene di un divorzio. Per raccontare un matrimonio. Complici i volti e le parole di una coppia inedita sullo schermo, Scarlett Johansson e Adam Driver. Lei, Nicole, attrice, figlia d’arte, nata e cresciuta all’ombra di Hollywood, lui, Charlie, regista teatrale newyorkese, con un bimbo di otto anni, Henry, i protagonisti di Marriage Story in gara a Venezia 76, scritto e diretto da Noah Baumbach, produzione da Netflix (disponibile dal 6 dicembre, dopo un passaggio in sala). «In questo film c’è tanto di tutti noi ma anche di universale. Quando ho incontrato Noah io stavo divorziando (dal secondo marito Romain Dauriac, ndr), ma lui non lo sapeva, non ci vedevamo da un po’. Appena mi ha raccontato il tema del film, mi è sembrato un po’ un destino, era il momento giusto per me», racconta l’attrice.
Magliettina a righe, pantaloni a vita alta, il pomeriggio, poi in rosso fiammante sul red carpet. Con Nicole più che i tormenti amorosi sembra avere in comune il bisogno di sentirsi appagata. «La famiglia da cui lei proviene e le sue dinamiche familiari non sono troppo vicine a quelle in cui sono cresciuta, anche se mia madre ha gestito la mia carriera fin da piccola. Mi piace di lei il suo bisogno di essere riconosciuta come attrice e come persona. Anche se è proprio questa sua necessità a portarla alla separazione».
Decostruzione di un amore dove ognuno dei diretti interessati ha messo qualcosa del proprio vissuto. «È quando una cosa finisce che sei più in grado di analizzarla meglio, dal di fuori – sostiene Baumbach, per la quarta volta al lavoro con Driver, qui praticamente un suo alter ego —. Alla base ci sono aspetti personali, i miei hanno rotto quando io ero adolescente e io stesso ho divorziato (dall’attrice Jennifer Jason Leigh, ndr). Ma scrivendo il film avevo tante altre voci in testa, amici, collaboratori, colleghi. E ho parlato con avvocati e mediatori familiari: il divorzio è un’esperienza che segna tutti». Conversazioni infinite anche sul set, confermano gli attori, compresa Laura Dern, sublime interprete di Nora, avvocata divorzista da battaglia, a cui il regista (che ha infarcito la sua opera di riferimenti cinematografici, dal Bergman di Persona, a Kramer contro Kramer) affida un memorabile monologo sulle dinamiche di coppia viste al femminile attraverso l’esempio della Vergine Maria e Dio («primo padre assente della storia»). «Quel dialogo è un regalo che Noah mi ha fatto. Il mio personaggio è stupendo: una donna forte, una vincente, che si pone come amica di Nicole salvo alla fine presentarle il conto».
Rappresentante insieme ai due avvocati interpretati da Ray Liotta e Alan Alda di quel sistema giuridico che in Usa, fa notare Baumbach, è una macchina mangiasoldi e spaccafamiglie. «Sono due persone in cerca della propria voce, ma gli avvocati parlano per loro e sembrano fare tutto per dividere anziché trovare un punto di contatto. C’è qualcosa di romantico nel fatto che i due cerchino il compromesso giusto per andare avanti per il bene del figlio». Finita la vita di coppia, continua quella di famiglia. «È il trionfo dello spirito umano in condizioni impossibili, anche attraverso la ricerca dei piccoli gesti, le piccole cose che uno ama dell’altro». Lei che riempiva la casa di tazze di tè che poi non beve. Lui che spegneva le luci per non sprecare elettricità.
È l’aspetto che ha conquistato Johansson. «Mi piace che mantengano uno sguardo compassionevole e amorevole. L’amore resta nonostante tutto anche dopo una separazione. L’amore è rendersi conto che il tempo aiuterà a guarire. È molto reale». Parola di Scarlett.