Corriere della Sera, 30 agosto 2019
In morte di Jessi Combs, la donna più veloce del monndo che s’è schiantata a 777 chilometri orari
Dell’incidente, per ora, il compagno scrive solo che è stato «horrific», e come sarebbe potuto essere altrimenti: lanciata oltre i 777 km orari per battere un record stabilito da lei stessa, a bordo di un’auto-jet danneggiata, sembra, da un detrito infilatosi nelle turbine, è morta la pilota americana Jessi Combs.
Se l’ideale femminile dell’epoca – giovani coraggiose, pioniere, ragazze ribelli, amazzoni che conquistano mondi maschili -— avesse un volto, sarebbe forse il suo. Quello incorniciato da ciocche platino e azzurre, cappelli maschili, caschi, occhiali da pilota, con cui si offre ai suoi 220 mila seguaci Instagram e racconta loro il suo 39esimo compleanno da convalescente per le conseguenze di vari incidenti, le modifiche studiate per la sua vettura, i progetti per il futuro.
Tra i progetti c’era una «bucket list», una lista di 1.001 cose automobilistiche da fare una volta nella vita: guidare una Lamborghini in Italia, ripercorrere la 24 ore di Le Mans. Ne aveva spuntato le voci settimanalmente e lo raccontava in tv. La voce più importante della lista delle imprese della vita, comunque, era certo quella che la vita gliel’ha tolta: superare il record di 786 chilometri all’ora al volante della North American Eagle, un’auto a motori jet che sembra un razzo, stabilendo un nuovo record nella categoria delle quattro ruote femminili. Il precedente record, 786 chilometri l’ora appunto, lo aveva stabilito già lei, nel 2016; quello prima ancora, 632 km/h, sempre lei, nel 2013. Prima, solo la stuntwoman Kitty O’ Neil, morta nel 2018 a 72 anni e ancora donna più veloce (per un record di 999 km/h stabilito su una tre ruote nel 1976). Più qualche gara simbolica nel mondo molto maschile delle corse, dove Jessi Combs è stata fra le prime a ricavare uno spazio per le femmine: la Race of Gentlemen, corsa hipster per soli uomini, o la Ultra 4 King of the Hammers. Anche il progetto North American Eagle, in cui Jessi ha perso la vita, ha ambizioni pionieristiche: quelle di un’auto superveloce, costruita attorno ai motori di un aereo dell’Air Force americana che vide la luce nel 1957. Il progetto è ripartito nel 2004, per battere la velocità di 1,02 Mach, cioè 1,02 volte la velocità del suono, stabilita da un’altra auto supersonica nel 1997.
Al comando dell’Eagle che si è schiantata martedì, su una pista nel deserto di Alvond, in Oregon, c’era Jessi. Nel pomeriggio c’erano già stati alcuni test – i primi del 2019, dopo che l’anno scorso era morto anche l’altro pilota coinvolto nel progetto, Ed Shadle— e la corsa finale della pilota era quella dove avrebbe battuto il record.
Raggiunta la velocità di 777 chilometri all’ora circa, purtroppo, un detrito del fondo stradale roccioso si è infilato in una turbina. Questo per ora è ciò che si sa dell’incidente, anche perché i computer di bordo sono ancora introvabili. Il deserto di Alvond è tradizionalmente usato per i test delle auto, ma è stato anche teatro di alcuni degli incidenti peggiori della storia delle auto ultraveloci: uno, nel 2016, toccò proprio a Jessi Combs, già intenta nella stessa impresa che l’ha uccisa.
«È stata un modello per donne e ragazzine di tutto il mondo, e io non sono mai stato amato così tanto», racconta il compagno Terry Madden, che lavorava nel team di Jessi ed è stato il primo a soccorrerla. Le parole migliori per consegnare Jessi Combs alla storia, però, sono forse quelle che lei stessa usava per sé nelle sue biografie sui social: pilota, meccanico, costruttore d’auto; distruttrice di stereotipi; supereroe.