30 agosto 2019
Gli insulti a Michela Murgia
Scrofa. Palla di lardo. Cesso ambulante. Vacca. Peppa Pig. Sbaglio di natura. Spero ti stuprino. Anzi no, per rispetto allo stupratore. E poi saresti contenta, che tanto a te sennò chi ti si scopa. Scaldabagno con le gambe. Tro*a schifosa. Ti vedo e vomito. È chiaro perché tu voglia i ne*ri in Italia. Fai ca*are, maiala. Mettiti a dieta. Vai in giro col burqa. Non ti insulto che ti ha già insultata la natura. Madonna se sei brutta. Sei più bella che intelligente. Povero il tuo compagno, che ogni mattina si sveglia e deve vederti. Ma poi tu mica lo avrai un compagno. Sarai lesbica come minimo. Faccia di mer*a. Dovresti solo stare zitta.
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Sono sui socialmedia da 11 anni, ma quello che mi sono sentita dire negli ultimi 14 mesi non ha precedenti. 14 mesi. Tanto è durato il governo uscente, tanto è durato il processo di promozione dell’insulto da bar a linguaggio istituzionale. Questi commenti sono apparsi a centinaia sulle pagine ufficiali di un partito e di un ministro e non sono mai stati rimossi senza ricorrere a segnalazione o querela. Si chiama “bodyshaming”, denigrazione del corpo, ma in realtà serve ad annichilire lo spirito. Sulle donne ha un impatto violentissimo, perché nella nostra società il corpo femminile è demanio pubblico. Continuamente sottoposto a giudizio, è usato come rappresentazione e incarnazione di valore (o disvalore) collettivo ed è il bersaglio primo di ogni attacco alle donne dissenzienti. Per questo le Morgane che io e @chiaratagliaferri abbiamo scelto hanno corpi dalla differenza prepotente. Ciascuna ha usato la sua carne come spazio espressivo di sè e che in quella cornice di libertà ci fossero le chiappe al vento di Vivienne Westwood, le ferite autolesioniste di Marina Abramovic, le invisibili stigmate di santa Caterina o i pompini di Moana alla fine non fa tutta questa differenza.
Non so e non credo che il bodyshaming sulle donne finirà. So però che è essenziale non farsene spezzare. Per ogni “cesso” o “scrofa” che riceviamo, l’antidoto è ricordare la forza che quelle parole vorrebbero spegnere. La bellezza che sappiamo riconoscere in noi stesse è la fonte della libertà che vorrebbero negarci. #morganasonoio
(FAcebook, letta sulla bacheca di Alessio Nisi)