ItaliaOggi, 29 agosto 2019
C’è chi sogna la Germania divisa
Si celebrano i trent’anni dalla caduta del muro, il 9 novembre dell’89, ed è tempo di rievocazioni. L’anno dopo, il 3 ottobre, si giunse alla riunificazione, ma non tutti erano d’accordo, da una parte e dall’altra. Ora, nella ex Ddr avanzano i populisti della AfD, e i motivi sono diversi. Ma al primo posto non vengono le condizioni economiche dei tedeschi dell’Est, come sostengono quanti hanno timore di spiegare l’avanzata della destra con l’immigrazione.I profughi sono pochi in confronto alle regioni occidentali, ma in Sassonia, in Turingia, nel Brandeburgo si teme di perdere l’Heimat, la piccola patria locale, la propria identità nazionale. Che sia giustificabile o no, poco importa, come per la temperatura avvertita rispetto ai gradi segnati dal termometro. «Wir sind das Volk», urlavano i contestatori del regime in quell’estate lontana, il popolo siamo noi. Oggi, sentono che i politici di Berlino non li rispettano, e li considerano sempre cittadini sotto tutela. E che abbiano ragione o no, ancora una volta, conta poco. L’ultimo numero dello Spiegel in copertina si chiede chi siano i cittadini della scomparsa Germania Est. Trent’anni non sono bastati a capirlo. Tra pregiudizi, malintesi, risentimenti. Come è possibile?
Il 9 settembre dell’89, nasce Neues Forum, il movimento cui partecipano trenta personalità, intellettuali, uomini di scienza, una sfida aperta alla dittatura. Una settimana dopo la richiesta di essere riconosciuti ufficialmente viene respinta dal regime. I firmatari rischiano una condanna fino a cinque anni.
Decisi di andare a trovare uno dei contestatori più noti, il professore Jens Reich, nato nel ’39, biologo molecolare di fama internazionale, si dice che potrebbe essere un candidato al Nobel. Gli spostamenti a Berlino Est erano difficili, con i mezzi pubblici si perdevano ore, i taxi pochi. Qualche vettura stazionava sempre innanzi al Palast Hotel, rifugio di tutti gli inviati, perché il centralino telefonico funzionava, ma il problema era trovare un taxi al ritorno. Tutti gli autisti erano confidenti della Stasi, la Gestapo rossa, altrimenti non avrebbero potrebbero lavorare. Il professore abitava a Pankow, ci andai in taxi, e preferii non dare il suo indirizzo, non correvo rischi, ma per lui era compromettente parlare con giornalisti stranieri. Mi feci condurre in una piazza a un chilometro di distanza. «Mi aspetti qui, per un paio d’ore, e mi riporterà al Palast». Il taxista è d’accordo, sarà pagato in Deutsche Mark.
L’intervista nel salotto di Reich si prolungò. Il professore abitava al pianterreno. Alla fine, non sapendo più che domanda porre, ne feci una ingenua. «Non pensate a una possibile riunificazione?» «Perché mai?», ribatté il padrone di casa. «I Länder tedeschi sono stati uniti per pochi anni nella storia. Con Bismarck, durante la Repubblica di Weimar, sotto il III Reich, e furono gli anni meno felici della nostra storia». I contestatori di Neues Forum pensavano piuttosto a una Germania Est che seguisse una strada socialista, non comunista, senza il peso della dittatura. «Si potrebbe arrivare a una federazione tra le due Germanie», concluse Reich. A questo punto suonarono alla porta. È il taxista, sono trascorse le due ore, «la devo ancora aspettare?» Non si è lasciato ingannare dal mio sotterfugio, ha subito intuito con chi volessi parlare. Come agente segreto, non valevo granché.
Nel 1994, Jens Reich fu candidato dei Verdi alla presidenza della Repubblica, senza alcuna chance di vittoria. Una sfida per rendere onore alla sua Germania, che aveva sognato diversa. Nel ’90 Oskar Lafontaine, il leader dei socialdemocratici, sfidò Kohl per la cancelleria. Oskar il rosso, questo il suo nome da battaglia, ricorda con orgoglio che per lui «il cuore batte sempre a sinistra». A lui la riunificazione non piace, preferirebbe una confederazione. Una sincerità suicida.
Non si può andare contro il treno della storia, risponde Kohl. Ma questi treni non piacciono nemmeno a Günter Grass, che fa campagna per i socialdemocratici: i tedeschi dovrebbero accettare la divisione per pagare le colpe del passato. Nel 1995 uscirà il suo romanzo sulla riunificazione, Ein weites Feld, una citazione da Effi Briest di Theodor Fontane, «un vasto campo», tradotto in italiano giustamente con Una lunga storia. Marcel Reich-Ranicki, il principe dei critici tedeschi, lo stroncò senza pietà. Grass scrive una cinquantina di pagine, all’inizio, per descrivere la notte del 9 novembre, e raccontare il viaggio a piedi da est a ovest del protagonista, che si conclude da McDonald per gustare un hamburger, simbolo del mondo capitalista. Ne valeva la pena? Non ci dovrebbero essere dubbi sulla risposta, trent’anni dopo, a parte le polpette. È una lunga storia, o una doppia storia letta da Est o da Ovest.