Il Sole 24 Ore, 29 agosto 2019
Cinema, la miglior stagione degli ultimi sei anni
Dimentichiamoci per sempre gli Anni ’60. Gli anni del “boom economico” dei grandi autori (Fellini, Comencini, Monicelli, Antonioni), una televisione agli albori che non faceva alcuna concorrenza alle sale cinematografiche. Si vendevano, allora, 600 milioni di biglietti ogni anno (ogni italiano andava a cinema in media 12 volte l’anno). Poi con gli Anni ’70 è finita l’età dell’oro e i biglietti venduti oscillano da decenni tra i 100 e i 110 milioni di euro. Certo oggi ci sono gli “sfruttamenti successivi” nelle pay tv ma resta che ogni italiano, in media, entra in una sala due volte l’anno. Troppo poco, anche se «in linea con i trend degli altri Paesi europei» tengono a precisare all’Anica.Eppure, qualcosa si muove, in senso opposto.
Al cinema tutto l’anno
Nel I semestre 2019 (rispetto allo stesso periodo del 2018), infatti, le presenze in sala sono passate a circa 49 milioni (da 45,7 milioni dell’anno precedente) e gli incassi cresciuti a oltre 309 milioni rispetto ai 294 milioni del gennaio-giugno di un anno fa.
Dati parziali, in attesa che, il 31 agosto, a Venezia, siano presentati i risultati estivi di “Moviement”, l’iniziativa nata dalle aziende di distribuzione per garantire – già da quest’anno – la programmazione di grande cinema spettacolare e di qualità da gennaio a dicembre, senza interruzione, con le sale aperte 12 mesi l’anno e con le istituzioni che hanno dato un contributo per sostenere l’iniziativa anche attraverso una grande campagna marketing. Il primo obiettivo è stato quello di creare il mercato estivo, già a partire da questo 2019, con un piano triennale che andrà ad allineare l’Italia a tutto il resto del mondo con un cinema attivo 12 mesi l’anno. «Il palinsesto dell’estate 2019 è il più importante di tutti i tempi e vede i grandi blockbuster uscire finalmente day and date nei principali Paesi Ue, affiancati da titoli di grandi autori italiani ed internazionali», dichiara Luigi Lonigro, presidente del distributori Anica. Inoltre, migliorando la distribuzione delle uscite, i calendari saranno, d’ora in avanti, meno ingolfati e i film avranno una permanenza più lunga in sala.
I contorni della crisi
Un’iniziativa che ha preso atto del fatto che il mondo è cambiato e il cinema ne ha fatto le spese. Non c’è solo la mancanza di grandi storie d’amore, di film in costume o di action, la chiusura dei cinema in città e la creazione di mutisale in periferia con un’offerta che si rivolge, soprattutto, ai giovani che prediligono con molta animazione, fantasy e soprattutto le grandi saghe come “Il Signore degli Anelli” e “Twilight”. La crisi è strutturale e tutto quello che l’aiuto pubblico può fare – dal credito d’imposta al sostegno alle opere prime – sono gocce nel mare. Basti pensare che il costo di produzione di tutti i film che si girano in Italia ogni anno difficilmente supera i 250 milioni di euro (con film anche a budget limitatissimi sui 300mila euro) pari al costo di un singolo film delle produzioni americane. Anche i “cinepanettoni” che incassavano tra i 10 e i 15 milioni oggi oscillano tra i 6 e i 7 milioni. Come uscirne? Le serie portate dalle piattaforme (prima Hbo, poi Netflix e Amazon) hanno agganciato la domanda delle pay-tv. Un settore che macina buoni risultati come dimostrano “Gomorra”, “Amica geniale” e “New Pope” di Sorrentino, seguito di “Young Pope” presentato qui a Venezia 76 così come “ZeroZeroZero!” tratto dal libro di Roberto Saviano.
I Festival come Venezia, Cannes, Berlino e Toronto fungono da traino per i prodotti italiani e, anche quando non vincono, i film italiani sono considerati prodotti di eccellenza. Ci sono film come “Perfetti sconosciuti” che, pur non essendo stato un successo di cassetta in Italia è stato venduto in 54 Paesi. Insomma gli autori italiani ci sono ancora. Vanno solo aiutati.