Il Sole 24 Ore, 29 agosto 2019
Solo il 30 per cento di chi ha ricevuto il reddito è occupabile
Da lunedì partono le convocazioni da parte dei centri per l’impiego della prima tranche di beneficiari del reddito di cittadinanza “occupabili”, vale a dire quei soggetti che hanno iniziato a percepire il sussidio nel periodo aprile-luglio e che, avendone i requisiti, devono essere inseriti nel programma di ricerca di un impiego, firmando il patto per il lavoro.
Si tratta di circa 350mila nuclei, intorno al 30% delle oltre un milione e passa di domande, per ottenere il Rdc, accolte dall’Inps nello stesso arco temporale. In numeri assoluti (cioè “singole persone”) parliamo di 704.595 beneficiari (in base alla legge infatti è convocabile dai Cpi non solo l’intestatario del reddito, ma anche tutti i maggiorenni della famiglia non occupati o che non frequentano un regolare corso di studi).
La fetta principale degli oltre 704mila soggetti indirizzati al patto per il lavoro si trova in Campania (178.370 persone), a seguire Sicilia (162.518), Calabria (64.057), Puglia (50.904). In queste quattro regioni meridionali si concentra il 64,7% dei soggetti occupabili. Nel Lazio le persone da avviare a percorsi di politica attiva sono 37.939, in Lombardia 33.598; in Piemonte 30.273, in Toscana 21.922, in Emilia Romagna 16.223, in Veneto 14.535.
Per tutti costoro – i primissimi nuclei percepiscono il Rdc da aprile – la “fase 2”, vale a dire quella legata alla politica attiva, doveva scattare molto prima, entro i 30 giorni successivi il ricevimento della card (con gli importi riconosciuti caricati) con la presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità a lavorare. Ma un mix di questioni e nodi aperti, dalla trattativa con le regioni, alla selezione, chiusa a giugno, per assumere 2.980 navigator, all’infrastruttura tecnologica ancora in fieri, hanno “allungato” la tempistica originaria nonostante i beneficiari abbiano continuato a percepire le somme.
Fatto sta, ora in base al nuovo accordo Anpal-Regioni, due paginette di testo, concordato prima della pausa di Ferragosto, i centri per l’impiego, a partire dal 2 settembre, avranno 30 giorni di tempo per convocare i soggetti interessati: potranno utilizzare qualsiasi “modalità” di chiamata, quindi anche sms o mail, visto il ritardo nel decollo della nuova piattaforma web integrata. Sono esclusi dalla chiamata i beneficiari della pensioni di cittadinanza o gli over65, i disabili (possono però aderire volontariamente), i componenti della famiglia con impegno di cura per bambini sotto i 3 anni o per persone non autosufficienti. Non dovranno essere chiamati poi i soggetti che hanno già sottoscritto un patto di servizio perché si sono recati volontariamente presso un Cpi. Le persone che hanno già in piedi un patto di servizio dovranno essere convocate per stipulare il patto per il lavoro ed essere informati circa gli obblighi connessi al reddito di cittadinanza. I soggetti invece che hanno in corso una misura di politica attiva proseguono e saranno poi convocati dai Cpi per la stipula del patto per il lavoro entro 30 giorni dal termine dell’intervento. Entro il 15 dicembre poi i Cpi effettuano la presa in carico, con la verifica delle fattispecie di esclusione-esonero.
Il patto per il lavoro rappresenta, a tutti gli effetti, l’avvio della Fase 2 del reddito di cittadinanza, legata all’attivazione del percettore: un piccolo aiuto, spiegano da Anpal, è rappresentato dalla disponibilità nell’ambito del sistema informativo nazionale di una funzionalità per raccogliere le vacancies espresse dalle imprese. Il patto per il lavoro serve ad identificare le competenze possedute e prevede che debba essere accettata almeno una delle tre offerte di impiego congrue che verranno avanzate. La “coerenza”, in base alla legge, segue tre principi: la coerenza tra l’offerta di lavoro e le competenze, la distanza dal domicilio, la durata dello stato di disoccupazione. Così nei primi 12 mesi di fruizione del “reddito di cittadinanza” sarà congrua la prima offerta se entro 100 chilometri di distanza dalla residenza (o comunque raggiungibile con un massimo di 100 minuti con i mezzi pubblici), la seconda entro i 250 chilometri e la terza sull’intero territorio italiano. Dopo 12 mesi anche per la prima offerta la “congruità” è riconosciuta se si è entro i 250 chilometri.