Il Messaggero, 29 agosto 2019
A Venezia il 76esimo festival del cinema
Primi applausi e prima polemica alla 76ma Mostra che si è aperta ieri sera con l’ottimo film di Kore-eda Hirokazu La vérité, commedia agrodolce interpretata dalle gran dame del cinema francese Catherine Deneuve (accolta da un’ovazione) e Juliette Binoche. La bomba, che rischia di terremotare questa edizione del festival, esplode invece intorno alle 13: «La presenza in concorso di Roman Polanski crea un disagio. E io non andrò alla cena di gala del suo film J’accuse per non dovermi alzare e applaudire», dichiara a sorpresa alla conferenza stampa di apertura la presidente della Giuria, la regista argentina Lucrecia Martel, 52. Fa riferimento, è chiaro, all’abuso sessuale commesso dal regista nel 1977 su una minorenne, che tra l’altro l’ha perdonato mentre non è chiuso il conto con la giustizia americana decisa a far tornare il regista in galera. «Non posso separare l’uomo dall’artista», rincara Martel. «È bene che Polanski ci sia, perché spinge a discutere sul problema della violenza sulle donne, ma io rappresento le vittime del mio Paese». Gelo in sala. Paolo Virzì, uno dei membri della giuria, appare allibito: «No comment», dice soltanto, ma aggiunge che andrà alla cena, «Roman è il mio mito». E Alberto Barbera ribatte con prontezza: «Io non ho avuto dubbi nell’invitare Polanski che ha realizzato un film bellissimo. Qui si danno giudizi estetici, non morali. Faccio il critico, non il magistrato».
LA REAZIONE
Lo scambio di battute fa il giro del mondo e Luca Barbareschi, produttore di J’accuse, decide di ritirare il film dalla competizione. «Quello che ha detto Martel è gravissimo, corrisponde alla cultura nazista dell’intolleranza», tuona Barbareschi, «e rappresenta un grave pregiudizio contro il nostro film. La presidente della Giuria dovrebbe vergognarsi, anzi dimettersi». Per tutto il pomeriggio Barbera cerca di scongiurare la catastrofe: il ritiro di J’accuse, uno dei titoli più attesi della Mostra (è in programma domani), rischia di oscurare irreparabilmente questa edizione che si annuncia scintillante. E a fatica convince Martel a scrivere una lettera di scuse, o qualcosa che somigli a una marcia indietro. La dichiarazione viene diffusa poco prima della cerimonia di inaugurazione: «Sono stata fraintesa», proclama la regista, «non ho alcun pregiudizio nei confronti del film di Polanski e naturalmente lo guarderò allo stesso modo di tutti gli altri del concorso. Se avessi dei pregiudizi, mi dimetterei da presidente della Giuria».
QUOTE ROSA
Caso chiuso? Non è ancora detto: Barbareschi, che segue la vicenda in tandem con Polanski, accetta in un primo momento le «scuse tardive» di Martel ma poi annuncia che la decisione se rimanere in concorso o no verrà presa oggi. E sul Lido, impegnato a festeggiare l’apertura della Mostra, continua ad aleggiare l’ombra della polemica. Non soltanto per l’affaire Polanski: durante la stessa conferenza stampa, Martel ha battibeccato con Barbera a proposito dello scarso numero di registe (solo due) in concorso. «Avrebbe dovuto invitarne il 50 per cento, le quote sono l’unica risposta possibile per sanare gli squilibri di genere», ha detto la regista. Ma il direttore della Mostra ha ribadito la sua posizione: «Non se ne parla nemmeno. I film sono stati scelti in base alla qualità, non secondo criteri politici. Le quote offendono proprio le donne».
PRIMADONNA
Paradosso: in questa prima giornata incandescente, sono state proprio le signore a tenere banco, dalla regista Katrin Gebbe che ha aperto tra gli applausi la sezione Orizzonti con Pelikamblut, a Deneuve e Binoche che nel film di Kore-eda Hirokazu interpretano madre e figlia. Catherine fa Fabienne, un’attrice egocentrica, capricciosa, amata e al tempo stesso temuta. «Se mi rappresenta? In tutti i film metto qualcosa di me stessa e questa volta mi sono molto divertita», ha spiegato la primadonna del cinema francese, «Fabienne la capisco bene anche se, a differenza del personaggio, io non sono una macchina da film, una che mette il lavoro al primo posto». Binoche interpreta la figlia Lumir, vissuta all’ombra di una madre troppo ingombrante che l’ha spinta ad accantonare le sue ambizioni di attrice: «Non mi somiglia affatto, io non ho mai messo da parte la carriera».