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 2019  agosto 29 Giovedì calendario

Ai delfini non piace nuotare con noi

Ci sono immagini strazianti, difficili da dimenticare, come quella che racconta il dolore lancinante di una mamma che non vuole abbandonare il suo cucciolo, ormai senza vita. Ranger e ricercatori la seguono e allertano chiunque sia in navigazione nella Baia delle Isole (Nuova Zelanda) di mantenersi a debita distanza dalla femmina di tursiope e di lasciarle il tempo di metabolizzare il dramma. Ogni volta che il piccolo le scivola via, lo riafferra con la forza dell’amore e lo tiene nuovamente a galla, stretto accanto a sé. Quasi impazzita dal dolore, mamma delfino non riesce ad accettare la morte del figlio, lo accompagna nel suo ultimo disperato viaggio. Ogni tanto prova a svegliarlo con le “vocalizzazioni”, rendendo il dramma ancor più lacerante. Una scena commovente, andata avanti per giorni, nonostante la fatica di sorreggere il piccolo e la difficoltà di nuotare, la mamma non si è mai data per vinta. Ma non era sola, poco distante il gruppo di mammiferi marini l’ha seguita in quello che è stato un vero e proprio corteo funebre. L’amore materno è molto forte in molte specie del regno animale. La sofferenza che impedisce alla mamma di lasciar andare il suo piccolo, spesso è più forte dello spirito di conservazione che in questi frangenti espone pericolosamente la femmina ai predatori. LA SPECIE DEI TURSIOPI Questo tragico spettacolo è uno dei motivi per cui il governo della Nuova Zelanda ha vietato alle persone di nuotare con i tursiopi (Tursiops truncatus). Una ricerca dell’agenzia statale che si occupa della difesa dell’ambiente infatti ha dimostrato che le interazioni con gli esseri umani «hanno un grosso impatto sulle abitudini di riposo e alimentazione» dei delfini. Noi siamo talmente maldestri da rompere... il loro equilibrio. L’allarme è scattato proprio perché nella Baia delle Isole il numero dei delfini tursiopi, specie rara, è diminuito del 90 per cento dal 1990. Oggi ne sono presenti solo una ventina di esemplari. E gli studiosi hanno stimato che il 75 per cento dei loro cuccioli muore. Si tratta del più alto tasso di mortalità mai registrato per questa specie. Oltre a vietare i bagni con i delfini, il governo si è messo d’accordo con i tour operator che organizzano le escursioni in barca per limitarle a una durata di 20 minuti ciascuna (invece di 30 minuti) e organizzarle solo in due fasce orarie della giornata. Purtroppo il divieto non riguarderà altre aree della Nuova Zelanda, nelle quali i turisti potranno ancora effettuare escursioni e nuotare con delfini appartenenti a specie diverse dai Tursiops truncatus. Ma almeno questi ultimi avranno un po’ di pace. UMANI IRRISPETTOSI L’inquinanamento acustico provocato dalle barche e il fracasso che fanno le comitive non deve essere piacevole per chi è abituato a sentire esclusivamente il rumore del mare. Che poi si sa gli esseri umani non sono così delicati e rispettosi, figuriamoci con i cetacei. I più ignoranti diranno: cosa vuoi che siano, sono solo pesci. Invece sono dei mammiferi e hanno una storia evolutiva molto speciale. Considerazioni ancor più basse devono aver spinto gli assassini che due giorni fa hanno massacrato cento delfini pilota con coltelli e uncini nella baia di Vestmanna, piccolo villaggio che conta poco meno di 1.200 abitanti sull’isola di Streymoy. Non hanno risparmiato neppure le femmine incinte, né i piccoli. Li hanno circondati in mare, e costretti verso la spiaggia, i cetacei ormai stremati, sono stati raggiunti dalla folla armata che li ha finiti. I video sul web lasciano senza parole. Ecco di cosa è capace l’uomo che vanta un’intelligenza superiore. I delfini (Globicephala melas) sono stati massacrati durante l’undicesima grindadrap dell’anno, la tradizionale caccia ai cetacei che si tiene nelle Isole Far Oer. La mattanza che non ha eguali nel mondo animale è stata documentata dai volontari di Sea Shepherd Conservation Society che, attraverso la campagna Operazione Fiordi Insanguinati (Operation Bloody Fjords), tenta di impedire le innumerevoli stragi che si consumano nell’arcipelago dell’Atlantico. La dinamica è questa: quando il branco di delfini viene avvistato in alto mare, un gruppo di imbarcazioni leva l’ancora per lanciarsi all’inseguimento. Gli animali vengono accerchiati e stressati per oltre cinque ore. «L’operazione – spiegano i volontari della Sea Shepherd – ha l’obiettivo di stremare i cetacei che, sfiniti, cercano rifugio verso le coste». LA MATTANZA I globicefali non sono liberi di dirigersi dove vogliono, ma vengono dirottati dalle imbarcazioni verso una determinata spiaggia dove li attende la folla (di criminali) armata. I cetacei non hanno scampo, vengono circondati e uccisi attraverso la recisione del midollo spinale. Come già detto, nessun esemplare è stato risparmiato, neppure i piccoli o le femmine incinte, alle quali vengono strappati dal ventre i feti. I poveri delfini, estremamente intelligenti, hanno compreso fin da subito ciò che stava per accadere. Deve essere stata un’agonia infinita. «La baia si è tinta di rosso -, raccontano i volontari, impotenti – nell’aria vi era l’odore acre del sangue». Gli abitanti delle Isole Far Oer li uccidono per mangiare e conservare la loro carne, il grasso e le altre parti commestibili. Nel 2019 lungo le coste della piccola isola sono stati massacrati circa 640 cetacei. Come se non bastasse, il giorno precedente la mattanza (il 26 agosto), due iperodonti boreali, specie a rischio estinzione la cui popolazione complessiva non tocca i 10 mila esemplari, si erano spiaggiati sull’isola di Streymoy. Nessuno si è fatto avanti per aiutarli. Appena si sono accorti della loro presenza gli abitanti ne hanno approfittato per ucciderli e macellarli. La crudeltà umana non ha limiti.