La Stampa, 29 agosto 2019
Oppiodi, Perdue offre 12 miliardi per evitare i tribunali
Nuova stangata in arrivo per l’industria farmaceutica americana, in particolare per quella dedicata alla produzione di medicinali a base di oppioidi. Purdue Pharma, produttore di Oxycontin, e la famiglia Sackler che controlla la stessa azienda il cui fatturato si aggira attorno ai tre miliardi di dollari l’anno, sono in trattative con diversi governi statali e amministrazioni locali per risolvere circa duemila casi giudiziari legati all’uso, o meglio all’abuso, del farmaco. Il valore dell’accordo si aggira tra i dieci e i dodici miliardi di dollari, secondo quanto riferito dal Wall Street Journal.
La vicenda rientra nel più un vasto capitolo legato alle azioni legali avviate contro le società farmaceutiche ritenute responsabili del dilagante uso di oppioidi negli Stati Uniti. Tanto da definire il fenomeno una vera e propria «epidemia». Gli Stati e le città coinvolte daranno un responso già domani dinanzi al giudice distrettuale di Cleveland, Ohio, Dan Polster. Purdue è uno dei 22 produttori specializzati finiti nel mirino delle duemila azioni legali avviate in Usa da Stati, contee e città per la crisi degli oppioidi. Dal 1996 ad oggi, ovvero dall’anno dell’ingresso sul mercato dell’Oxycontin, (ossicodone) l’azienda ha venduto l’equivalente di 35 miliardi di dollari di prodotto. Ma non è l’unico capitolo della vicenda giudiziaria legata all’abuso di oppiodi. È di lunedì infatti La condanna al pagamento di 572 milioni di dollari comminata da Thad Balkman, giudice distrettuale della contea di Cleveland, a Johnson & Johnson per aver alimentato la crisi degli oppioidi in Oklahoma. Si è trattato del primo pionieristico processo contro un produttore considerato un termometro, appunto, per le altre duemila azioni legali avviate contro produttori, distributori e rivenditori dei medicinali incriminati, ritenuti responsabili della morte di 400 mila persone negli Usa dal 1999. Del resto gli stessi atti relativi al procedimento in Oklahoma mostrano come lo Stato del Midwest abbia chiamato in giudizio una decina attori che operano nel settore farmaceutico. Tra questi, appunto, Purdue Pharma e Teva Pharmaceutical, che si sono impegnate a pagare allo Stato rispettivamente 270 e 85 milioni di dollari, patteggiamenti che hanno preceduto la storia sentenza. Inoltre tra il 2008 e il 2016 l’azienda controllata dai Sackler aveva già sborsato 4 miliardi di dollari alle famiglie di persone che avevano subito danni dall’uso del farmaco, nell’ambito di una causa intentata dal procuratore generale del Massachusetts.
Questa volta però il caso rischia di rivelarsi fatale per Purdue. L’accordo extragiudiziale costringe la casa farmaceutica con sede a Stamford, in Connecticut, alla «bankruptcy», ovvero a chiedere la protezione della procedura di amministrazione controllata prevista dalla legge fallimentare Usa. Protezione dalla quale dovrebbe emergere come una sorta di società fiduciaria i cui proventi saranno devoluti a governi, contee, città ed enti locali che si sono costituiti parte civile a titolo di risarcimento. A tal riguardo la famiglia Sackler, che controlla l’azienda dagli anni Cinquanta, ha già annunciato che cederà le quote di Purdue in suo possesso, stimate a un valore di 3,5 miliardi di dollari, nell’ambito della ristrutturazione prevista dall’amministrazione controllata. Chiudendo di fatto un’epoca aurea per la società che dal 1892 è una delle icone dell’industria farmaceutica a stelle e strisce.