La Stampa, 29 agosto 2019
Alberto Pastore, il ragazzo che ha ucciso l’amico perché non gli ha fatto leggere i messaggi che si scambiava con la sua ex
Alberto voleva vedere i messaggi, le chat. Voleva capire cosa ci fosse tra il suo migliore amico e la sua ex fidanzata. E Yoan gli avrebbe detto di no. Dall’udienza che ieri ha confermato la custodia cautelare nel carcere di Novara emerge, se non ancora la motivazione profonda, almeno ciò che quella notte avrebbe fatto scattare la furia di Alberto Pastore, il ventitreenne di Cureggio che tra domenica e lunedì, lungo una statale buia a ridosso del lago Maggiore, ha ucciso Yoan Leonardi a coltellate, dopo averlo invitato a bere qualcosa da soli, come per un chiarimento. Yoan era il suo amico d’infanzia, cresciuto con lui tra i campetti da calcio del paese in provincia di Novara: «Ho ucciso il mio migliore amico» ha ripetuto il ragazzo ieri mattina in carcere a Novara durante l’udienza di convalida davanti al gip Andrea Guerrerio, rispondendo a tutte le domande del pm Giovanni Castellani, alternando le parole alle lacrime, interrompendosi spesso, ribadendo la volontà di togliersi la vita che aveva già annunciato con un video su Instagram dove con voce ferma e quasi asettica annunciava al mondo «ragazzi, ho fatto una cazzata» a una manciata di minuti dall’omicidio, poco prima della fuga in auto interrotta la notte stessa dai carabinieri di Arona. Ieri però è apparso sconvolto. I suoi legali, gli avvocati Paola Lorenzini e Lorena Fusè, sono arrivati a passo spedito nel carcere di Novara ieri poco prima di mezzogiorno, e con la stessa rapidità intono alle due e mezza hanno attraversato il piazzale davanti ai cancelli: «Alberto ha risposto a tutte le domande del pm». E ancora: «È una situazione estremamente delicata, stiamo cercando di tutelare il nostro cliente» ha aggiunto poco dopo l’avvocato Lorenzini. Nel verbale di una decina di pagine, Pastore confessa e ripercorre quell’omicidio già raccontato su Facebook ancor prima di essere arrestato. Il coltello usato più volte contro il suo amico, con fendenti all’addome e alla testa, era suo: «Lo tenevo sempre in auto per difendermi» ha raccontato. Quella sera lo ha usato contro Yoan, su Facebook ha scritto «è tutta colpa sua», convinto, secondo quanto emerge dall’interrogatorio, che avesse una relazione con la sua ex fidanzata. Così ossessionato da voler indagare, da chiedere di leggere messaggi e chat, reagendo con violenza al rifiuto dell’amico.
Dalle indagini emerge la figura di un ragazzo violento, con un atteggiamento a tratti teatrale, come se ancora non avesse preso coscienza di quello che ha fatto. Ma c’è ancora molto da chiarire, sottolinea il procuratore di Novara, Marilinda Mineccia: «Dobbiamo approfondire meglio le motivazioni e il rapporto tra i due, per questo verrà interrogato ancora nei prossimi giorni. Servono ulteriori indagini sia sulle motivazioni profonde, sia sulla dinamica».
I carabinieri di Novara vanno avanti con gli accertamenti in attesa dell’autopsia di venerdì: hanno sentito i testimoni e ne sentiranno altri, sequestrato i telefonini, inviato al Ris il coltello trovato nell’auto e non escludono indagini sulle celle telefoniche, per verificare con precisione gli spostamenti dei due ragazzi quella notte. E se ci sia stata premeditazione, una contestazione che la Procura sta approfondendo e che prende sempre più corpo. —
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