Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  agosto 29 Giovedì calendario

Il fantasma Rousseau


Alle idi Di Maio, con un piccolo Cesare che nessuno più viene a lodare, ma che non vuol farsi seppellire, un fantasma si aggira per l’Italia: Rousseau. «Prima della decisione finale dobbiamo sentire Rousseau» è una frase che potrebbe riuscire enigmatica a qualcuno risvegliatosi dal secolo scorso (appena vent’anni fa), ma del resto che cosa mai potrebbe essergli comprensibile nell’attuale politica italiana?
Come ogni fantasma, Rousseau ha i contorni sfuocati e l’essenza sfuggente. Appena lunedì scorso il coordinatore di Fratelli d’Italia Guido Crosetto ne segnalava la scomparsa chiedendo un minuto di silenzio. Indefinibile è il suo animo: buono, cattivo o semplicemente burlone? Si erge a baluardo della democrazia diretta, ma finisce per essere il sigillo delle più spregiudicate operazioni di democrazia parlamentare. Allude a una verifica di massa, ma raccoglie l’opinione di poche decine di migliaia di persone. Parte della sua natura spettrale è anche il manifestarsi in maniera imprevedibile. Un corretto uso delle procedure imporrebbe l’esistenza di situazioni predeterminate nelle quali farvi ricorso. Come una medicina nelle avvertenze: prima, durante o dopo (le elezioni, le consultazioni, le cruciali situazioni). Invece Rousseau appare a sorpresa, nelle notti della Repubblica, sconcertando perfino chi ne ha favorito l’evocazione. Sintetica e ferale una militante: “Lo usate a vostro comodo”.
"Chi ha paura di Rousseau?”, si chiedevano ieri nei salottini televisivi dove le domande rimbalzano come palline da flipper, rispedite dai conduttori nel rettangolo luminoso giacché finché c’è gioco c’è diretta. Per rispondere bisogna dimenticarsi le pur rilevanti obiezioni sul “come”, sul “quanti”, sul “quando” per concentrarsi sul “cosa”. Che cosa scelgono veramente quelli che scelgono con Rousseau?
La storia del Movimento 5 stelle è, come ricostruisce nei suoi libri Jacopo Iacoboni, quella di un «esperimento» di successo. L’oggetto di questo esperimento è la formazione del consenso. L’obiettivo è la messa a punto di tecniche che lo garantiscano. Cominciato con una specie di gioco di ruolo nei forum intranet della prima società di Gianroberto Casaleggio, è arrivato alla indicazioni dei bivi che segnano la storia politica italiana. La costante nel tempo è rimasta: ottenere dagli interrogati la risposta che si vuole. Definire quello su Rousseau un “sondaggio” e non un “voto” marca la differenza. Nel voto tutto è chiaro, le scelte vengono semplificate all’estremo, addirittura con un simbolo: si tratta, direbbe Davide Casaleggio, di un’app user friendly. Il sondaggio è più sofisticato, conosce tecniche di condizionamento che nulla hanno di stregonesco. Semplicemente formulano il quesito in maniera suggestiva. Si prenda il caso del ricorso a Rousseau per l’autorizzazione a procedere contro il ministro Salvini per il caso della nave Diciotti. Voto: «Volete sia concessa l’autorizzazione?». Sondaggio: «Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti per ridistribuire i migranti nei vari Paesi europei è avvenuto per la tutela di un interesse di Stato?». Sì e no invertono il senso, ma soprattutto la domanda del sondaggio contiene un suggerimento evidente, come se l’interrogante stesse annuendo con il capo mentre la pone. Rousseau è nato per affinare una tecnica inizialmente più grossolana, che portò per esempio a chiedere con chi allearsi nel parlamento europeo escludendo dalla lista delle possibilità i Verdi, che sarebbero stata una scelta più che probabile. Affinare significa anche prevenire i possibili errori di chi esercita la democrazia diretta. Come nel caso dei 75 che indicarono alle comunarie milanesi Patrizia Bedori, scaricata in fretta a favore del terzo classificato. Sbagliando s’impara e il tavolo dei medium che evocano Rousseau lo ha fatto. Se verrà interpellato sarà facile intuire quale colpo batterà. Voto: “Volete l’alleanza con il pd?”. Sondaggio: “Ritenete sia opportuno proseguire l’esperienza di governo in questa legislatura portando a termine sotto la guida del presidente Conte l’opera di rinnovamento del Paese iniziata dal Movimento 5 stelle?”. E dunque, per rispondere alla domanda rimasta nell’aria: chi ha paura di Rousseau? Nessuno. Non certo chi lo controlla.