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 2019  agosto 29 Giovedì calendario

Intervista a Paolo Virzì. Parla di Venezia

Il giurato Paolo Virzì interviene sulle polemiche in quest’avvio di Venezia 76. Sul caso Polanski: «Nella conferenza qui al Lido e in generale ho sentito un clima teso: mi pare ci sia nei suoi confronti una sorta di desiderio di sangue, dell’impiccagione in pubblica piazza. Il capro espiatorio da esibire come trofeo», ragiona. E sulla presenza di due sole donne in concorso: «Non possiamo non augurarci che il numero delle registe donne cresca sempre di più, ma capisco che Barbera non voglia applicare col bilancino le quote, sarebbe umiliante per le stesse registe. È scontato che nel selezionare titoli per un grande festival si guardi alla qualità dei film, e non al sesso o all’etnia dell’autore.
Semmai è giusto lavorare per creare pari opportunità – per tutti – nell’accesso a questa professione».
La parita di genere al cinema sembra ancora lontana.
«Ma la questione riguarda la società in generale. Speriamo di andare verso un futuro in cui le donne abbiano un rilievo maggiore nella società, nelle professioni, nella politica. Ne trarremmo vantaggio tutti, là dove stanno meglio le donne stanno meglio tutti, anche i bambini.
È un tema importante che non dobbiamo ridurre solo alla sfera del corpo della donna, va affrontato con profondità e anche con l’entusiasmo di chi vuol vivere meglio. Per fortuna la sensibilità contemporanea trova inaccettabile lo sguardo che c’è stato sulle donne nei secoli e fino ad ora, questo è il punto da cui partire».
Cosa si aspetta come giurato in questa edizione della Mostra?
«Sono molto eccitato, sembra un programma potentissimo, un’edizione memorabile, autori giganteschi e una ricchezza di visioni. La pattuglia italiana (Mario Martone con Il sindaco del rione sanità, Pietro Marcello con Martin Eden e Maresco con La mafia non è più quella di una volta, ndr ) è bella, interessante, promettente e non vedo l’ora di innamorarmi. Sono qui col cuore disponibile e palpitante a farmi ’sta scorpacciata di film».
Ha tanti ricordi legati alla Mostra.
«La prima volta sono venuto nell’85 da studente del Centro Sperimentale grazie al quale ci diedero accesso a tutte le proiezioni. Dormivamo in sacco a pelo sulla spiaggia ma fu memorabile: venivo da Livorno, ero appena arrivato a Roma, al primo anno di Centro, non avevo mai visto tanti capolavori tutti insieme e questo mi ispirò moltissimo. Poi sono tornato tante volte per presentare i miei film, in giuria o da spettatore.
Per me è un posto magico carico di significati, il luogo dove si celebra l’amore e la devozione per la nostra comune passione: il cinema».
La volta migliore quindi fu quella col sacco a pelo?
«Forse sì anche se, cavolo, c’è pure la volta in cui stavo partendo e mi chiamarono: “Fermati che Jane Campion ti ha dato un premio importante”, ed ero venuto senza aspettative con il mio terzo film, quello livornese ( Ovosodo, 1997). E memorabile fu la presentazione del mio primo film, La bella vita, in un’edizione diretta da Gillo Pontecorvo, ricordo che siccome la sala era piena Monicelli con Leo Benvenuti sedevano sui gradini della Sala Grande. Tanti bellissimi ricordi».
Due settimane fuori dal mondo.
Da appassionato di politica ha paura di perdersi gli aggiornamenti continui di questa crisi di governo?
«Preferisco staccare, è disorientante seguire ogni aggiornamento, si rincorrono notizie che spesso non lo sono. Da una parte sono sollevato che sembra possa finire la stagione del pallone gonfiato e del crudelismo, di questo odio e rancore. E anche, diciamolo, razzismo, negazione dei diritti umani, politica sempre più nutrita da rancore e bullismo.
Dall’altra parte i Cinque Stelle mi pare che incarnino quello stesso spirito di demagogia e violenza. Non so come sia possibile un processo di alfabetizzazione democratica per chi nasce dal vaffanculo e dalla diffusione di fake news aggressive.
Non saprei dire cosa sia meglio per l’Italia. Meglio appassionarsi dei film in questo momento e sperare per il meglio. Non sono molto ottimista, ma tocca aver fiducia, perché l’anno che abbiamo attraversato è davvero terribile».