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 2019  agosto 29 Giovedì calendario

Il totoministri

Otto ministeri al M5S e sette al Pd. Ma prima di parlare di nomi – è il tormentone che domina al tavolo della trattativa – bisogna sciogliere il nodo di Palazzo Chigi che, sostengono al Nazareno, non può essere lasciato sotto il controllo totale dei grillini: «Il problema non è il nome di Di Maio, ma è inaccettabile presidente e vice dello stesso partito». Dunque si parte da qui, dalla testa del governo Conte 2, per provare a simulare una possibile lista dei ministri che però rischia di diventare sempre più un rebus per il presidente incaricato.
Prima opzione: se il premier indicato dai grillini otterrà di avere a Palazzo Chigi Vincenzo Spadafora (M5S) come sottosegretario alla presidenza del Consiglio, va da sé che ci sarebbe un unico vicepremier identificabile nel profilo del veterano Dario Franceschini (magari con la delega ai Rapporti con il Parlamento). Seconda opzione: la casella del sottosegretario alla presidenza (uno snodo cruciale nell’attività di ogni governo) viene assegnata a Paola De Micheli o allo stesso Dario Franceschini del Pd, non c’è più il vicepremier in quota dem. Terza opzione: il Pd cede alle richieste di Di Maio e così si viaggia con Conte più i due vice.
Il secondo blocco di problemi, per Conte, riguarda i tre ministeri chiave che andrebbero tutti o in parte a tecnici graditi al Pd sui quali, comunque, il Quirinale ha un’attenzione particolare. Agli Esteri, infatti, non è mai tramontata l’ipotesi di confermare Enzo Moavero Milanesi anche se in pista c’è sempre l’ex premier Paolo Gentiloni. All’Economia, tra i profili che risulterebbero compatibili con l’asticella della presidenza della Repubblica, ci sono quelli dell’ex ragioniere dello Stato, Daniele Franco (che conosce alla perfezione la macchina di via XX Settembre) e quello meno conosciuto in Italia, ma non a Bruxelles, dell’economista Marco Buti, ora direttore generale per gli affari economici e finanziari della Commissione Ue: in altre parole, Buti è l’euroburocrate che dà il via libera tecnico alla legge di Bilancio dei Paesi membri.
Al Viminale si parla di un prefetto sulla poltrona di ministro. I papabili, se il Pd non riterrà conveniente mandare un politico di rango (lo stesso Andrea Orlando, Ettore Rosato o Emanuele Fiano), sono tre: Mario Morcone, già capo di gabinetto di Marco Minniti e grande esperto di immigrazione, l’ex direttore del Dis Alessandro Pansa (che, alla guida del Dipartimento per le informazioni e la sicurezza, ha già consolidato il suo rapporto con il premier Conte) e il capo della polizia Franco Gabrielli che, però, poi avrebbe da ministro l’onere ma anche l’imbarazzo di dover indicare il suo successore al Dipartimento della pubblica sicurezza.
I Cinque Stelle, sempre aspettando altri nomi coperti che escono all’ultimo minuto, avrebbero Difesa (Di Maio), Giustizia (Alfonso Bonafede), Infrastrutture (Stefano Patuanelli), Riforme (Riccardo Fraccaro) la Sanità (Giulia Grillo), gli Affari regionali (Vincenzo Presutto), Mezzogiorno (Barbara Lezzi), Istruzione (Nicola Morra o Lorenzo Fioramonti).
C’è poi un altro nodo, segnalato dal segretario dem Nicola Zingaretti: «Visto il proliferare di indiscrezioni mi permetto di dire che un nuovo governo dovrà garantire un pieno riconoscimento delle differenze di genere». Come dire al M5S: noi facciamo la nostra parte ma voi fate la vostra. Per il Pd, che ha affidato alla vicesegretaria Paola De Micheli il compito di studiare i profili di possibili ministre, sono in pista la stessa De Micheli (sottosegretaria alla presidenza o ministra allo Sviluppo Economico), Lorenza Bonaccorsi e Monica Cirinnà (Pari opportunità), Anna Ascani (Beni culturali), Debora Serracchiani e Marina Sereni (Famiglia). Mentre Rossella Muroni (Leu), già alla guida di Legambiente, potrebbe andare al ministero dell’Ambiente.
Il numero dei ministeri rimarrebbe invariato: l’Agricoltura (Maurizio Martina del Pd se dovesse essere occupato il Mise) verrebbe separata dal Turismo destinato a entrare nell’orbita del Sviluppo economico. Ai Rapporti con la Ue potrebbe andare l’eurodeputato dem Roberto Gualtieri. Le scelte sui ministri (due o tre ai renziani) non sono definitive: si tratta infatti di capire se si farà qualche eccezione per gli ex o se prevarranno i volti nuovi.