Libero, 28 agosto 2019
L’Uefa insegna ai calciatori come non finire sul lastrico
Difficile immaginare che un calciatore di successo, famoso e soprattutto ricco, possa un giorno ritrovarsi, calcolatrice alla mano, impegnato nel tentativo di far quadrare i conti di fine mese. Eppure, si tratta di una realtà che coinvolge il 95% degli ex atleti professionisti. Solo una piccola parte di loro infatti riesce a vivere di rendita, tutti gli altri devono cercare di costruirsi una nuova vita. Talvolta nel mondo del calcio, talvolta no. Perché in molti (8 su 10) tentano di rimanere nel giro e iniziare l’avventura da allenatore, dirigente, opinionista tv. Ma non c’è spazio per tutti. E così oltre il 60% resta senza lavoro (in Premier il dato è addirittura peggiore). Arrangiarsi a dover inviare curricula dopo 20 anni di carriera, iniziare attività in proprio o semplicemente gestire le risorse accumulate non è sempre impresa facile. Mentre guadagnano forte i calciatori sviluppano stili di vita sopra le righe, e complici truffe, consigli sbagliati, spese insostenibili finiscono sul lastrico più spesso di quanto si possa immaginare. In Italia c’è chi ha perso molti soldi ma è rimasto a galla, finendo incastrato in complicate truffe in Perù come Roberto Baggio, Billy Costacurta e Paolo Rossi o nella costituzione di una finanziaria fantasma come l’ex trio milanista Tassotti, Donadoni, Galli. Chi se l’è scampata dichiarando la bancarotta (e un buco di 14 milioni di euro) come Vieri e Brocchi. E chi invece è finito male, in giri di delinquenza, come Beppe Signori, Jonathan Bachini o Maurizio Schillaci. Negli anni addietro, infine, fece scalpore la storia di Brehme, campione del mondo con la Germania a Italia ’90, a cui è stato offerto dal suo ex allenatore Beckenbauer di pulire i bagni dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera. LA PENSIONE Andrà meglio, si fa per dire, a quelli che pur non avendo calcato grandi palcoscenici o contratto stipendi milionari, avranno diritto alla pensione a 66-67 anni come i comuni mortali, e percepiranno in media 1500 euro al mese a patto di aver raggiunto 16 anni e 8 mesi di contributi. Chi smette intorno ai 35 anni, però, deve comunque campare d’altro per almeno trent’anni. E spesso non sa come fare. Per questo l’Uefa ha deciso di aiutarli a prevenire sciagure, istituendo il Financial Management Training, un programma che punta a formare i calciatori professionisti nella gestione delle proprie finanze. Seguendo sette moduli di lezioni online studiati da professionisti del settore e promossi da testimonial come Gaizka Mendieta (mister 90 miliardi pagati dalla Lazio al Valencia per appena 20 presenze, ma ottimo imprenditore e noto dj) e David James (ex portiere della nazionale inglese finito in bancarotta dopo investimenti sbagliati e un oneroso divorzio, oggi fa l’allenatore in India), i calciatori possono iniziare un percorso di formazione già durante i bei tempi della carriera sportiva. Iniziative simili stanno iniziando a svilupparsi anche in Italia: dalla scuola di formazione ideata dal presidente della Lazio Lotito, destinata ai ragazzi delle squadre nazionali maschili e femminili biancocelesti per offrire loro un futuro alternativo nell’ambito dello sport, al corso organizzato dall’Assocalciatori “Facciamo la formazione”. TUTTI A SCUOLA «È l’inizio di percorso promosso insieme alle leghe di serie B e C – spiega a Libero l’avv. Stefano Calcagno -. Un corso di orientamento che serve a stimolare i calciatori e farli ragionare sul post carriera. Le statistiche dicono che solo il 19% dei professionisti rimane nell’ambito calcistico, ma spesso le loro doti sono richieste anche all’infuori del mondo del calcio, e noi vogliamo aiutarli ad allargare gli orizzonti». In molti sembrano averlo capito, e da 10 squadre finite tra i banchi di scuola lo scorso anno il numero sta rapidamente crescendo. «Non solo – prosegue Calcagno -, grazie al Fondo di fine carriera creato con i Tfr dei professionisti finanziamo borse per una decina di calciatori che fanno stage a vario livello all’interno delle stesse società di calcio». E la serie A? Non ne ha bisogno? «Per ora non siamo riusciti a coinvolgerli ma speriamo capiscano presto che per un calciatore il post carriera non è solo un discorso economico, ma anche e soprattutto di realizzazione personale». Si tratta pur sempre di trovare il proprio posto nel mondo, insomma. Un destino comune a tutti.