La Stampa, 28 agosto 2019
Conte e l’endorsement di Trump
«Comincia a mettersi bene per l’altamente rispettato primo ministro della Repubblica italiana, Giuseppi Conte. Ha rappresentato l’Italia in modo energico al G7. Ama molto il suo Paese e lavora bene con gli Usa. Un uomo molto talentuoso, che spero resti primo ministro!». È il messaggio con cui il presidente Trump è intervenuto nella crisi di governo, appoggiando un secondo mandato a Conte. Dietro a questo sostegno ci sono la stima personale per il premier, aldilà dell’errore di spelling del nome, i dubbi persistenti sulla Lega di Salvini, ma anche questioni molto concrete, come l’aiuto che il nostro paese ha dato sulla Libia, o la speranza che mantenga gli impegni presi in passato su programmi come l’acquisto dei nuovi aerei caccia F35.
Il sostegno statunitense
Durante il G7 di Biarritz Trump non ha avuto un incontro bilaterale formale con Conte, ma i due si sono parlati a margine della cena della prima sera, e in altre occasioni durante le varie sedute. Appena rientrato a Washington, il capo della Casa Bianca ha subito messo mano al suo account di Twitter per pubblicare il messaggio di sostegno al premier. Il presidente del Consiglio ha apprezzato l’appoggio, facendo sapere di essere «orgoglioso» soprattutto per il riconoscimento di essersi sempre impegnato con forza per difendere gli interessi dell’Italia. In questo senso, Conte ha sottolineato che l’atto di stima ricevuto dal leader americano è importante per il significato che ha per l’Italia, difronte alle sfide che il nostro paese si trova ad affrontare ormai da tempo sulla scena internazionale. Anche Bill Gates, nel frattempo, ha ringraziato il premier per l’aumento a 161 milioni di euro del contributo al GlobalFund che lotta contro Aids, tubercolosi e malaria.
L’amicizia tra presidenti
Il rapporto personale tra Donald e Giuseppe era stato positivo fin dall’inizio, quando si erano incontrati al G7 dell’anno scorso in Canada, e Trump lo aveva subito invitato alla Casa Bianca. Il premier infatti era andato a Washington già alla fine di luglio, ed era stato accolto con grande calore. Il presidente lo aveva trattato come il vincitore delle elezioni politiche di marzo, e aveva aderito alla sua richiesta personale e diretta di sostenere la ripresa economica, invitando durante la conferenza stampa gli americani ad investire nel nostro Paese. Donald aveva manifestato questo apprezzamento personale per Giuseppe anche durante il vertice Nato di Bruxelles a metà luglio, quando aveva rimproverato a quasi tutti gli alleati di non investire abbastanza nella difesa, ma aveva risparmiato le critiche al nostro premier, nonostante Roma sia ben al di sotto della soglia del 2% concordata durante il summit di Cardiff.
Gli interessi in gioco
All’inizio si pensava che questa attenzione dipendesse dall’affinità elettiva fra Trump e il governo giallo-verde, in particolare per la componente sovranista incarnata da Salvini. Il capo della Casa Bianca però sa che la nuova coalizione eventualmente guidata ancora da Conte manderebbe la Lega all’opposizione, e ciò significa almeno due cose. Primo, che la stima personale e la fiducia in Giuseppe hanno superato ormai i calcoli partitici. Secondo, che le voci riguardo lo scetticismo permanente nei confronti di Salvini a Washington sono confermate. La visita di giugno aveva segnalato la volontà di aggiustare le posizioni, dopo l’abbraccio incondizionato alla Russia, ma non ha convinto in pieno. Veniva considerata un’operazione ancora in corso, da verificare, e quindi gli Usa alla fine non hanno avuto obiezioni riguardo l’ipotesi dell’uscita della Lega dal governo. Anzi. In questa situazione delicata, di continua tensione nel governo gialloverde, Conte è apparso agli americani come un punto di equilibrio. Non ha potuto evitare le delusioni per l’adesione alla nuova Via della Seta cinese, o il mancato appoggio a Guaidò in Venezuela, ma ha lavorato sulla Libia e dato assicurazioni su altri fronti. Ad esempio una questione aperta, sulla quale fonti americane nutrono fiducia nel premier, è quella dell’acquisto dei caccia F35. Un’altra è la delicata partita iraniana, dopo la mediazione tentata dal presidente francese Macron. Evidentemente Trump, che è un pragmatico non ideologico, ritiene di poter contare su Giuseppe Conte per sciogliere questi nodi, qualunque sia la coalizione che dovesse guidare. —
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