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 2019  agosto 28 Mercoledì calendario

Un atleta su cinque si dopa

Si dibatte sul caldo feroce, sulle maratone e la marcia programmate in notturna per schivarlo, sulle pastiglie-microchip che la Federazione (Iaaf) chiederà agli atleti di ingoiare (e poi, meschini, di raccogliere nelle feci prima di tornare a casa) per capire come ha reagito il loro organismo ai 40° e passa previsti. Di questo si parla a un mese dai Mondiali di atletica di Doha, conquistati a suon di petrodollari dall’emirato del Qatar.
Ma il tema dovrebbe essere un altro: la credibilità delle gare che milioni di spettatori ammireranno in tv. Minima secondo uno studio, autorevole e scioccante, appena pubblicato dalla rivista «Hematologica». Sette ricercatori delle Università di Ginevra, Losanna e Monaco si sono fatti consegnare dalla Iaaf le 3.683 provette di sangue prelevato agli atleti nelle edizioni del Mondiale di Daegu 2011 e Mosca 2013 e le hanno passate al setaccio del passaporto biologico, concentrandosi sulle discipline comprese tra gli 800 metri e la maratona e aggiungendo la marcia.
Provette allora «limpidissime» ai controlli: solo lo 0,42% degli atleti aveva fallito i test.
Lo studio offre risultati diversi: «Il 18% dei campioni – spiega il report – presenta evidenti segni di manipolazione farmacologica, con un 15% di casi di doping tra gli uomini, il 22% tra le donne e punte del 28% per alcune nazioni». Un atleta su cinque e un’atleta su quattro dopati e Paesi dove un atleta su tre ha fatto ricorso a eritropoietine o trasfusioni di sangue. E nel passaggio tra l’edizione 2011 e la 2013 per molte nazioni la situazione è peggiorata invece che migliorare: i quattro stati che a Daegu potevano considerarsi «doping free» si sono ridotte a due a Mosca. La speranza è che l’Italia (che è tra le scrutinate) sia una delle due. Per un accordo di riservatezza, i ricercatori non hanno infatti rivelato le nazioni più sospette e nemmeno quelle delle etnie con più atleti dopati ma difficile non pensare a Kenia, Etiopia, Somalia ed Eritrea al centro delle discussioni all’ultima assemblea dell’Agenzia Antidoping.
I ricercatori hanno considerato «positivi» solo i campioni che – a un’analisi statistica dei 7 parametri ematici previsti – rivelavano oltre il 95% di probabilità di manipolazione. Il risultato mina la credibilità del sistema atletica. Indiscrezioni sulla drammaticità della ricerca erano già state divulgate a inizio anno dalla Bbc. La tv inglese aveva spiegato che la realizzazione di un analogo studio della Harvard University – dai risultati inquietanti – era stata ostacolata dalla Federazione di atletica per evitare allarmismi.
E la Iaaf come reagisce? Col silenzio. Anche a una notizia di ieri, la positività della bielorussa Arzamasova – iridata negli 800 a Pechino 2015 – al Ligandrol, modulatore androgenico usato nel body building. Arzamasova aveva battuto Semenya ed era uscita pulitissima dai controlli.