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 2019  agosto 28 Mercoledì calendario

Si suicida dopo il viaggio di nozze senza un motivo apparente. Come suo padre che si gettò in un canale e suo nonno sotto a un treno

LONATO (BRESCIA) – A metà aprile si era sposato. Mercoledì scorso era tornato dal viaggio di nozze. Lunedì si è impiccato nella cella frigo della macelleria di famiglia. Non un biglietto, una parola, per spiegare la sua scelta. Samuele Savoldi, 27 anni di Lonato del Garda, nel Bresciano, ha custodito fino alle fine il destino spietato che da sempre lo braccava, riuscendo infine a raggiungerlo. Anche suo papà Sergio, 14 anni fa, si era tolto la vita annegandosi in un canale. E anche suo nonno Giacinto, 63 anni fa, si era ucciso gettandosi sotto un treno. Nemmeno loro avevano lasciato un messaggio, o un addio. Nonno, padre e figlio suicidi all’improvviso, senza mai un segnale di depressione, una tristezza mostrata agli altri. Lonato e Montichiari, dove Samuele si era trasferito dopo le nozze, adesso sono impietriti e non sanno come spiegare l’abisso di un mistero, o affrontare il dolore. Centinaia le persone che ieri pomeriggio si sono incontrate nella camera ardente, al piano terra del ristorante Santellone, lungo la strada per Ghedi.
Il locale è gestito dalla moglie della vittima, Giulia Garatti di 27 anni, e proprio qui la coppia aveva scelto di vivere insieme. «L’ultimo regalo che gli ho fatto – dice Giulia – è metterlo vicino al suo papà. Samuele non si era rassegnato al distacco, adesso l’ha ritrovato. Dopo la cremazione, deporrò le ceneri nella tomba del padre». L’allarme ai carabinieri di Desenzano, lunedì attorno alle 14. Samuele aveva trascorso la mattina con due fratelli. Avevano macellato manze e maiali del loro allevamento di Lonigo, come sempre, per le consegne della settimana in tutta Italia. Era poi rimasto in azienda con il veterinario e cinque operai, per gli ultimi controlli. «Lo aspettavo per pranzo a Montichiari – dice la moglie – si era infortunato ad un dito e alle 15 avevamo appuntamento dal medico. Non rispondeva al telefono, ho mandato il cugino a vedere dov’era». Lo hanno trovato nel frigo dove si appendono le mezzene fresche. Per farla finita ha usato la corda con cui si tirano le mucche per una zampa. L’ha legata a un gancio per le bestie e ha spostato la cassa di plastica su cui era salito. «Una pugnalata incomprensibile – dice Stefano, il fratello maggiore di sei – pochi minuti prima di sparire nel frigo era con noi, sorridente e sereno. Mi ha salutato dandomi appuntamento al pomeriggio». Suo nonno Giacinto, contadino, nel 1956 si era infilato sotto un treno tornando a casa a piedi da una visita medica. In famiglia si dice gli avessero diagnosticato un tumore. A sconvolgere Samuele è stata però la fine del padre Sergio, quando aveva 52 anni. Il figlio ne aveva solo 13 e la mattina il papà, fondatore di allevamento e macelleria, lo aveva accompagnato a scuola. In auto avevano riso insieme. Davanti al cancello il genitore gli ha detto: «Ciao, ci vediamo alle 14, torno io a prenderti. Comportati bene».
Non l’ha più visto. Pochi minuti più tardi l’uomo ha parcheggiato la macchina e si è immerso in un canale. Samuele lo ha atteso invano davanti a scuola. «Non ha mai detto niente – dice ora la mamma Liliana – ma io sapevo che si era rotto qualcosa. Non si dava pace perché il papà alla fine non era stato capace di parlargli e perché, nell’addio, gli aveva taciuto la verità. Sono sicura che ha voluto raggiungerlo per stare con lui e capire». Un passo, però, imprevisto. Samuele aveva conosciuto Giulia cinque anni fa. Lei si era presentata in macelleria ed era stata assunta come commessa. Non si sono più lasciati. A metà aprile il matrimonio, più volte rinviato per gli impegni di lavoro, nel Duomo di Montichiari. Rinviata anche la luna di miele: Giulia, entrata nel ristorante di famiglia, non poteva staccare fino alla chiusura di agosto. Infine, finalmente, il viaggio di nozze: due settimane al mare in Madagascar. «Sabato – dice Giulia – abbiamo festeggiato il ritorno con gli amici. Durante l’apericena abbiamo guardato foto e filmini dell’Africa. Samuele era felice, diceva che erano stati i giorni più belli della sua vita e che l’hanno prossimo saremmo andati a vedere un altro luogo speciale della terra. Per la prima volta la sera ci eravamo detti che desideravamo avere bambini».
È questo taglio netto tra ciò che si nasconde dentro e quanto si mostra fuori a non lasciare pace alla famiglia e agli amici. Quella che a Lonigo e a Montichiari chiamano «una sorte insaziabile» che ricorda «la maledizione dei Savoldi», impossibile da sconfiggere. «Sono andato io a benedire Samuele in quel frigo – dice don Osvaldo Checchini – era il ragazzo più dolce e gentile che ho conosciuto».