la Repubblica, 28 agosto 2019
Intervista a Mary Poppins
"Soffia il vento dell’Est”, come si diceva in Mary Poppins, e porta al Lido Julie Andrews per mettere nella borsa senza fondo dei suoi premi il Leone d’oro alla carriera: «Non sono mai stata alla Mostra, devo prendere le misure, sono curiosa, felice e grata», racconta, la voce piena di energia. Ottantatré anni, una storia professionale iniziata quand’era una bambina dagli occhi blu e con un’estensione vocale di quattro ottave. Si è esibita in tour per la Gran Bretagna, ha cantato per la Regina Elisabetta, calcato il palco a Broadway con Richard Burton nel musical Camelot, ha vinto l’Oscar con Mary Poppins, prenotato in eterno i pomeriggi natalizi delle famiglie con
Tutti insieme appassionatamente, è divenuta icona gay grazie all’ironia ambigua di Victor Victoria, ha scritto trenta libri per bambini e due autobiografie (la seconda in stampa a ottobre) e debutta ora in una serie tv nuova di zecca.
Una volta disse di essere nata dentro un pianoforte.
«Vengo da una famiglia d’arte, sì, mia madre era una pianista molto brava, con il mio patrigno sbarcavano il lunario con il vaudeville inglese. Lui ha scoperto che avevo una voce potente e insolita per una bambina, e il mio destino è stato segnato. Ho iniziato a viaggiare per l’Inghiterra, sul palco con loro. Poi in tour con l’accompagnatore, cantavo e cantavo, arie d’opera e ballate inglesi, cose che andavano di moda allora.
Ho avuto un ottimo insegnante di canto, un grande mentore».
Cos’era allora per lei la musica?
«Direi che mi ha salvato la vita. So che è una risposta strana... avere una voce così potente per una ragazzina di tredici anni mi ha dato un’identità. La vita non era facile a quei tempi, la guerra, i miei genitori erano poveri e molto infelici. Un periodo tosto, ma per fortuna c’era qualcosa su cui potevo concentrami. Mi esercitavo molto duramente».
E oggi cos’è?
«Una grande gioia. Vent’anni fa ho avuto quell’operazione sbagliata che mi ha impedito di cantare ancora, ma ho fatto tutto quel che potevo per restituire la gioia che mi aveva dato.
In ogni progetto che faccio provo sempre a includere la musica».
È stata una delle poche attrici non legata per anni a un solo studio. Con suo marito Blake Edwards ha combattuto contro l’ingerenza dei produttori nei film.
«Era un’epoca particolare, sono stata fortunata ad avere un marito regista.
Abbiamo fatto sette film insieme, mi sono fidata ciecamente: grazie a Dio non ho dovuto firmare un lungo contratto come molte colleghe. Ho avuto una carriera singolare, a vent’anni tre spettacoli enormi a Broadway, tra cui My fair lady con Rex Harrison. Poi per il film presero Audrey Hepburn che era più famosa, ma Walt Disney venne di persona a invitarmi a Hollywood per mostrarmi bozzetti e canzoni di Mary Poppins, ero incinta di tre mesi e mi aspettarono. Iniziò così la carriera cinematografica. Ogni traguardo della vita è stata un passo verso l’apprendimento di un aspetto nuovo e interessante di questo meraviglioso lavoro che mi piace ancora tanto».
Ha interpretato donne forti come Mary Poppins e Maria di “Tutti insieme appassionatamente”.
«Mary Poppins era sicuramente molto indipendente, non aveva bisogno di nessuno! È stato molto divertente interpretarla. Maria è stata un personaggio adorabile, le canzoni bellissime. Il set in Austria è stato lungo e duro. Nella scena del bacio i riflettori facevano un rumore buffo e io e Christopher Plummer ridevamo talmente che la dovettero girare in controluce in modo che non si vedessero le espressioni».
Quello con Harry Belafonte invece è stato il primo bacio interrazziale nella storia della tv.
«È stato perfetto. Ho fatto un grande speciale tv con Harry ed è stato bello lavorare con lui, eravamo grandi amici. Non pensavo che ci sarebbero state reazioni e infatti andò liscia».
Un ricordo di Marcello Mastroianni con cui girò “Cin Cin”?
«Ero molto nervosa all’idea di lavorare con lui, che invece era dolce e affascinante. Durante il set morì mio padre, ero arrabbiata e addolorata. È venuto a consolarmi, mi sono lanciata tra le sue braccia e ho pianto tanto, inondandogli la giacca di lacrime. È stata una giornata triste».
Lei e sua figlia Emma avete scritto trenta libri per bambini. Tra figli e nipoti, una tribù di bambini. Quali valori ha trasmesso loro?
«Vorrei che i miei libri trasmettessero la meraviglia che c’è in questo mondo, spesso sotto il nostro naso.
Scrivere un libro per bambini è più difficile che scrivere un libro per adulti, serve loro per imparare».
Il “Camelot” di Broadway era lo show preferito di John F. Kennedy.
«Tutta la compagnia era così orgogliosa che gli piacesse lo spettacolo. Ho un solo rammarico, non sono riuscita a incontrarlo».
E poi “Victor Victoria": girato con suo marito Edwards (scomparso nel 2000, ndr), è rimasto nel tempo.
«Blake sarebbe stato così contento di sentirle dire questo. Fu un set eccitante, ma non sapevo se ero con i piedi per terra: “Sono un uomo o una donna?”, mi chiedevo, “Sto pensando come un uomo mentre sono una donna?”. Ma sapevo di essere in buone mani con mio marito. È stato un film difficile e sono felice del successo. In origine era un film tedesco senza le sfumature che Blake ha portato alla nostra versione impreziosendola».
Ora l’aspetta la serie tv “Bridgerton” dai libri di Julia Quinn, in cui sarà la misteriosa Lady Whistledown...
«Non mi vedrete ma sentirete la mia voce narrante. Non solo è un personaggio interessante, ma mi rende libera di andare in studio senza dover ricorrere a trucco e parrucco: un gran sollievo».